Unigestion è un nuovo player nell’industria del risparmio gestito. Ne abbiamo intervistato il ceo Fiona Frick, per scoprire cosa distingue la casa di investimento svizzera e quali sono le motivazioni dietro al suo arrivo nel belpaese.

 

 

Ci dica due parole su Unigestion, una realtà ancora poco conosciuta in Italia.

 

Unigestion si definisce come una boutique di investimento, ciò vuol dire che vogliamo essere gli artigiani della gestione, creando soluzioni su misura e prodotti sofisticati per il cliente e mantenendo una dimensione umana. Con 230 dipendenti, 300 clienti e 22 miliardi di euro in gestione siamo infatti caratterizzati da un alto grado di concentrazione. La nostra casa di gestione si focalizza molto sul risk management, che consideriamo il primo e più importante mestiere del gestore e il miglior modo per costruire una performance di lungo termine. Con i nostri prodotti costruiamo profili asimmetrici, in modo da ridurre l’esposizione quando i mercati scendono e incrementarla quando salgono.

 

 

E lei?

 

Io ho iniziato in Unigestion nel 1990 come gestore obbligazionario high yield e convertibili. Nel ‘95 mi chiesero di sviluppare una strategia azionaria con un concetto di rischio, cosa non frequente all’epoca, quando ci si concentrava molto sui risultati e sull’interpretazione del futuro e poco sul risk management. Ho quindi sviluppato una personale metodologia di gestione, basata sulle scoperte di una serie di articoli accademici degli anni 90 sull’anomalia minimum variance. Questa strategia è valida ancora oggi, tant’è che dei nostri 22 miliardi in gestione, 12 sono gestiti tramite essa. Nel 2011 sono diventata ceo.

 

 

Parlava prima dell’importanza di un approccio sartoriale per i vostri clienti.

 

Sì, essendo una società privata con un lungo orizzonte di investimento, diamo priorità alle esigenze dei nostri clienti, che dobbiamo guidare tra la volatilità di mercato e le nuove regolamentazioni. Per noi è importante che la nostra crescita si traduca anche in quella dei nostri clienti. Per questo, a partire dal 2014, siamo passati da una specializzazione nell’universo dei hedge fund a un mondo diretto alternativo, facendo una separazione tra alfa, beta e factor exposure. Crediamo infatti che nei prossimi dieci anni la politica finanziaria della gestione del risparmio si muoverà più verso l’individuo che sui pension fund. È importante per noi entrare nel mondo dei whole sale lavorando con dei partner per sviluppare dei prodotti ideali per i loro clienti. L’Italia è ovviamente uno dei mercati più importanti sotto questo punto di vista.

 

 

In Italia e più in generale in Europa lo scenario macroeconomico e politico attuale si fa sempre più incerto.

 

Sì, siamo assolutamente consapevoli dei rischi che ci presenterà il 2017. Fino a dicembre stavamo passando da deflazione a reflazione, adesso vediamo che i rischi di inflazione stanno aumentando vertiginosamente, con i prezzi delle commodity, i salari statunitensi e cinesi, e di conseguenza i prezzi della produzione, che aumentano. È un’accelerazione pericolosa, speriamo che le banche centrali agiscano in fretta. Quello che facciamo per proteggerci è comprare protezione con i futures sul VIX, sul mercato delle azioni e delle valute. Siamo invece meno preoccupati sul fattore Brexit, tanto che abbiamo recentemente ampliato i nostri uffici a Londra. Per noi il fatto che la sterlina si svaluti non è un problema dato che il nostro business è in franchi, e siamo dell’idea che il Regno Unito rimarrà un hub di talenti e un centro finanziario importante.