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La magia degli illiquidi

9/16/2023 | Art-Noc*

In un paese in cui oltre il 70% delle famiglie possiede almeno una casa spesso non è il caso di ingessare il patrimonio in ulteriore illiquidità.


Negli ultimi anni la normativa italiana ha reso molto più accessibili le soglie minime di investimento per quanto riguarda gli investimenti alternativi.

Di per sé il fatto di rendere accessibili determinate asset class ad un pubblico più vasto è un principio giusto, che favorisce la diversificazione di portafoglio anche per i risparmiatori con disponibilità più limitate.

L’utilizzo di soglie minime elevate costituiva, infatti, in passato un deterrente per i piccoli risparmiatori; il legislatore prendeva però implicitamente una posizione netta, assumendo che il piccolo risparmiatore avesse minori conoscenze in campo finanziario.

A seguito dell’introduzione della profilazione dei clienti rispetto alle loro conoscenze finanziarie trovo molto opportuno che le soglie minime possano scendere, anche in maniera sostanziale.

 

Le banche e le reti distributive devono però fare buon uso di questa estensione potenziale dell’asset allocation.

Sappiamo bene che le opportunità più interessanti arrivano spesso dagli alternativi illiquidi; l’illiquidità è attrattiva perché di norma gli asset vengono acquistati a sconto, che rappresenta appunto il premio di illiquidità, ma comporta anche una serie di peculiarità e di svantaggi (quotazione mark-to-market assente o opaca, holding period lungo, mercato secondario rarefatto o assente, illiquidabilità).

In un paese in cui oltre il 70% delle famiglie possiede almeno una casa spesso non è il caso di ingessare il patrimonio in ulteriore illiquidità.

 

Si dà il caso, invece, che alcune banche e reti che servono la fascia “affluent” mascherata spesso col nome di Private Banking o Wealth Management, abbiano esercitato negli ultimi anni una impressionante spinta verso gli illiquidi, anche quando il profilo del cliente non lo consentiva o la quota illiquida del patrimonio era già elevata o l’holding period non era coerente con le esigenze finanziarie di breve/medio periodo.

 

La ragione è quasi ovvia: la remunerazione per gli intermediari su queste asset class è di norma molto più elevata.

La magia dell’illiquido permette di non mostrare il vero prezzo del sottostante per tanti anni, diciamo a volte fino alla liquidazione a scadenza. Questo tiene buoni i clienti per tanti anni.

Ma a scadenza i nodi vengono al pettine. Se non prima, quando ad esempio un cliente scopre di dover liquidare un asset illiquido.

 

 

* ART-NOC è lo pseudonimo di un esperto manager italiano che da oltre 25 anni lavora nell'industria finanziaria internazionale e non ha mai smesso di osservarla con curiosità e con un approccio costruttivamente critico. 

I pareri contenuti negli articoli a firma ART-NOC sono espressione dell’opinione personale e indipendente dell’autore.

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