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Paperoni Usa, per le banche la crisi è finita

6/15/2011 | federico.leardini

Guardando agli stipendi dei top manager degli istituti di credito, la crisi è solo uno sbiadito ricordo. Jamie Dimon di JPMorgan il più pagato, con oltre 20 milioni di dollari nel 2010


La crisi non è ancora finita? Il mercato del lavoro è statico? Non siete soddisfatti del vostro stipendio? Andatene a parlare con Jamie Dimon, il Ceo di JPMorgan Chase, che nell'ultimo hanno ha visto il suo compenso salire del 1541%...

Non ci sono errori di battitura. Il numero uno della banca americana è passato da poco più di un milione di dollari di fine 2009, ai quasi 21 del 2010.

Balzo record, che fotografa il periodo fortunato dell'istituto a stelle e strisce ma esemplifica alla perfezione il ritorno ai maxiemolumenti per i top manager degli istituti di credito, dopo mesi di "vacche magre".

E pensate che c'è anche chi fa meglio: Lloyd Blankfein, numero uno di Goldman Sachs è passato dagli 860 mila dollari di due anni fa ai 14 milioni dello scorso. Un balzo del 1536%.

Negli Stati Uniti insomma la crisi sembra decisamente dietro le spalle, quantomeno per i vertici delle banche di Wall Street: i primi 4 Ceo dell'annuale classifica del FT sui compensi gestiscono tutti banche oltreoceano.

Oltre ai già citati Dimon e Blankfein troviamo John Stumpf di Wells Fargo, con 17 milioni e mezzo, e James Gorman di Morgan Stanley, che si ferma appena sotto i 15 milioni.

Grande assente il numero uno di Citigroup, Vikram Pundit, la cui banca è stata salvata da una maxiiniezione da 45 miliardi di dollari di capitali governativi.

Il Ceo di Citi ha formalmente affermato che, finchè l'istituto non fosse tornato a registrare profitti, avrebbe lavorato per un dollaro l'anno.

Nel 2010 la banca newyorkese ha fatto segnare un utile di oltre 10 miliardi, sancendo perciò il rientro di Pundit alla normalità; il ritorno nella top 15 dei paperoni americani è solo questione di mesi...

Cifre che naturalmente non sono passate inosservate ai media e agli esponenti del congresso Usa, che negli ultimi anni hanno lanciato i loro strali contro la nomenklatura finanziaria a stelle e strisce, ma i numeri sono li a confermare che, nei fatti, il potere finanziario ha prevalso sul dibattito politico.

Per quanto riguarda l'Europa al 5 posto della classifica troviamo Brady Dugan di Credit Suisse, che ha visto il suo compenso ridursi del 33%, restando comunque ben sopra gli 11 miliioni di dollari.

Suscita qualche perplessità il "premio" erogato sostanzialmente dai contribuenti a Stephen Hester, ceo di Royal Bank of Scotland, istituto mantenuto in vita negli scorsi anni dalle finanze pubbliche, che nei giorni più neri della crisi ne hanno rilevato l'83% del capitale.

Per il manager britannico, oltre 11 milioni e mezzo di euro in busta paga nel 2010...

E l'Italia? Al 12 posto del ranking fa capolino il numero uno di Intesa San Paolo, Corrado Passera, che con i suoi 5 milioni di dollari l'anno è il nostro Ceo più pagato.

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