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1/14/2013
La polemica di fine anno fra il direttore generale dell'Abi, Giovanni Sabatini, e il segretario nazionale della Fabi, Giuliano De Filippis, e' solo un'anticipazione del confronto destinato ad aprirsi gia' da queste prime settimane del 2013.
Il tavolo che si sta per aprire riguarda il recepimento dell'accordo sulla produttività siglato tra le parti sociali (Cgil esclusa) a Palazzo Chigi, ma la carne al fuoco in realtà è proprio tanta.
Sul tavolo, scrive Milano Finanza, c'e' la riapertura del contratto di lavoro collettivo siglato circa un anno fa. Secondo le banche le dimensioni della crisi rendono infatti difficilmente sostenibile il quadro uscito dall'ultimo contratto nazionale, con il problema che le banche stesse non possono far suonare troppo forte la sirena d'allarme, visto che devono tranquillizzare e non allarmare clienti, investitori e mercati.
Secondo l'Abi la rivoluzione in atto richiede un ripensamento complessivo del lavoro in banca. Gli addetti, colpa anche delle riforme Fornero che hanno allungato l'eta' per la pensione senza garantire le forme di flessibilita' adeguate, sono troppi, ma soprattutto non sono facilmente riconvertibili alla nuova organizzazione che le reti dovranno darsi.
Le vecchie filiali dovranno cambiare radicalmente: con il diffondersi dell'home banking serviranno meno cassieri, semmai nuove figure piu' simili ai consulenti finanziari (ex-promotori finanziari) che possano gestire prodotti e servizi innovativi. Ecco perche' l'Abi e' pronta a mettere sul tavolo la rassicurazione che al di la' di una gestione concordata degli esuberi le aziende possono impegnarsi a non licenziare, ma in cambio chiedono tre condizioni finora rifiutate dal sindacato: l'applicazione della cassa integrazione guadagni, la previsione dell'obbligatorieta' del fondo esuberi o l'adozione di nuove forme di contratto di lavoro ispirate, ad esempio, al modello agenziale.
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