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Fiscal cliff ancora lontano

12/12/2012

No dei repubblicani al piano del presidente: "Lento nell'individuare i tagli alla spesa". Ma il dialogo continua.


Pochi progressi ufficiali ma dietro le quinte le trattative vanno avanti: restano solo 20 giorni per evitare il fiscal cliff, la combinazione di aumenti delle tasse e tagli alla spesa che senza un accordo tra Casa Bianca e repubblicani scatterebbe inesorabilmente il 1° gennaio e, secondo gli esperti, farebbe ripiombare gli Stati Uniti nella recessione.

 

IL NO REPUBBLICANO - La strada non appare in discesa, con il leader della maggioranza in Senato, il democratico Harry Reid, che definisce «difficile» un accordo prima di Natale. Il dialogo resta però aperto con lo speaker repubblicano della Camera, John Boehner, che invia una nuova proposta alla Casa Bianca: un piano - spiega il portavoce di Boehner - che include una riforma del fisco e dei programmi di assistenza, e che arriva in risposta all'offerta presentata dalla Casa Bianca lunedì, dopo il faccia a faccia fra il presidente Barack Obama e Boehner. La nuova proposta repubblicana conferma la cifra di 800 miliardi di dollari di nuove entrate fiscali in dieci anni, e parte dal presupposto che anche l'ultima offerta della Casa Bianca è «inaccettabile».

 

IL PIANO DI OBAMA - Il piano proposto da Obama lunedì prevede 1.400 miliardi di dollari di nuove entrate fiscali, meno quindi dei 1.600 miliardi di dollari inizialmente richiesti. Ma questo «sconto» non basta ai repubblicani, e Boehner la boccia. Lo speaker della Camera non risparmia critiche al presidente, definito «lento» nell'individuare tagli alla spesa e augurandosi un accordo lo invita a presentare misure che possano essere approvate sia alla Camera sia al Senato.

 

L'APPELLO DEI MANAGER - La speranza che un'intesa venga alla fine raggiunta spinge comunque Wall Street, che chiude in territorio positivo. Ma gli amministratori delegati delle grandi aziende mettono in guardia, in una nuova lettera, dai rischi di un mancato accordo con i tempi che si stringono, anche considerando le festività natalizie. «Senza un'intesa l'economia americana accuserà danni economici duraturi se non permanenti», avvertono i top manager nella missiva, firmata fra gli altri dai numeri uno di Goldman Sachs e JPMorgan, Lloyd Blankfein e Jamie Dimon. Un'intesa - a loro avviso - passa per un aumento delle entrate fiscali e dei tagli alla spesa: «Un compromesso richiederà che il Congresso approvi maggiori entrate fiscali e che l'amministrazioni approvi riforme dei programmi di assistenza e tagli alla spesa».

 

LA PROPOSTA DEI «PAPERONI» - Una proposta su come procedere arriva da un gruppo i 20 paperoni americani, guidati dai magnati della finanza Warren Buffett e George Soros. A loro avviso è necessario aumentare la tassa di successione, riducendo le esenzioni a 2 milioni di dollari dagli attuali 5,12 milioni di dollari e l'innalzamento dell'aliquota massima dal 35% al 45%. Un aumento strutturato in questa modalità consentirebbe di aumentare significativamente le entrate per ridurre il deficit e finanziare servizi fondamentali.

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