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New York, capitale della finanza

11/12/2012

Lo rivela una graduatoria preparata dal Centre for Economics and Business Research.


La City perde il titolo di “più grande” capitale della finanza mondiale. Per anni la cittadella finanziaria londinese ha impiegato più gente di ogni altra simile piazza nelle sue banche, nelle sue società di investimenti e nei suoi studi legali, ma nel 2012 ha ceduto il primato in questo campo a New York ed entro il 2015 sarà sorpassata anche da Hong Kong.

 

Lo rivela una graduatoria preparata dal Centre for Economics and Business Research (Cebr), una società di analisi di mercato inglese, affermando che in parte il cambio della guardia dipende da una ripresa economica più forte in America rispetto all’Europa, ma in parte anche a un clima “più ostile al business e alla finanza” nel Regno Unito. Quanto all’avanzata di Hong Kong, e di Singapore che segue a poca distanza, è “inevitabile” conseguenza del mutamento dell’asse del potere economico globale a favore dell’Asia, indica il rapporto.



Nel 2011, Londra impiegava 280 mila persone nelle sue attività finanziarie, contro le 262 mila di New York. Ma quest’anno i posti di lavoro nella City sono scesi a quota 249.500 mentre a Wall Street si sono assestati a 254 mila, cosicchè New York ha superato sia pure di poco Londra in questa particolare classifica. Secondo le stime del Cebr, nel 2015 a Londra lavoreranno 237mila nel settore della finanza, un terzo di meno rispetto all’apice raggiunto nel 2007, prima della grande crisi mondiale. Fra tre anni New

York sarà ancora in testa, con 249.700 posti di lavoro nell’industria finanziaria, tallonata però da Hong Kong a 247.900, per cui la città cinese avrà a quel punto superato Londra occupando il secondo posto per grandezza dei suoi servizi finanziari. E Singapore non sarà molto indietro: si calcola che nel 2015 raggiungerà quota 182mila, una crescita considerevole rispetto agli attuali 145.500. Un decennio fa, Hong Kong era la metà di Londra da questo punto di vista e ora sta invece per sorpassarla.

Tra i motivi citati dagli esperti inglesi per spiegare questi cambiamenti ci sarebbero il differente andamento dell’economia negli Usa e in Europa, la crescita naturale delle piazze finanziarie asiatiche, ma pure una eccessiva regulation, tasse troppo alte per le società e ostilità verso i banchieri, tutti trend manifestatisi dopo il crack del 2007. Se l’esodo di banchieri e broker verso altre capitali della finanzia proseguirà, avverte il rapporto, il “restringimento” della City potrebbe far perdere al governo britannico “fra 30 e 40 miliardi di sterline l’anno” (36-50 miliardi di euro) come risultato di diminuite entrate fiscali. 

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