Sergio Ermotti (nella foto), amministratore delegato di UBS, cammina su una linea sottile, dal momento che, per il prossimo triennio, ha annunciato tagli nella banca svizzera. Lo scrive il quotidiano Financial Times, secondo cui il cambio di investment banking rappresenta un passo audace e ardito, ma allo stesso tempo non privo di rischi. Tagliare circa 2.500 posti di lavoro in Svizzera fa parte di un piano strategico che colpirà pesantemente i dipendenti di UBS in tutto il mondo. Si parla di almeno 10.000 dipendenti che dovranno subire la cura dimagrante. 
 

 

Un piano umile, modesto - scrive il Financial Times - che vuole sì premiare le attività finanziarie della banca ma che, al pari della gestione delle attività, rappresenta un vero e proprio punto di svolta per il gruppo. "Dobbiamo continuare a essere competitivi nelle aree in cui decidiamo di essere presenti" ha dichiarato l'ex top manager di Unicredit, non perdendo il focus su clienti e, soprattutto, azionisti. 

 

 

Le norme appena fissate dalle autorità bancarie parlano chiaro: banche d'investimento così come si sono spalmate nell'ultima decade, non hanno più senso ormai. "Tutta la banca - ha aggiunto Ermotti - deve diventare più efficiente, per permetterci di generare mezzi da rinvestire nel nostro business. Reinvestiremo 1 miliardo e mezzo nei prossimi anni per finanziare la crescita". Gli fa eco uno degli ex banchieri di UBS: "Quello di Ermotti è un classico circolo vizioso di investment banking: le banche continuano a demolire progressivamente i loro dipendenti, non smettono di tagliare, ma più tagliano, più perdono guadagni. Perché un ciclo vizioso? Perché, così facendo, gli istituti sono costretti a tagliare ancora di più".