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Crisi, occhi a giovedì

7/30/2012

Non è scontato che la decisione in grado di rovesciare il fronte della crisi arrivi questo giovedì. Quel giorno il consiglio direttivo della Banca centrale europea concluderà la sua prossima riunione e...


Non è scontato che la decisione in grado di rovesciare il fronte della crisi arrivi questo giovedì. Quel giorno il consiglio direttivo della Banca centrale europea concluderà la sua prossima riunione e tutti sui mercati finanziari aspettano che per allora Mario Draghi, il presidente, comunichi nuove misure dell'Eurotower per sostenere i Paesi sull'orlo del baratro. «Nei limiti del nostro mandato, faremo ciò che serve per salvaguardare l'euro: e credetemi, sarà abbastanza», ha detto Draghi giovedì scorso a una conferenza di Londra.

 

Sarà probabilmente abbastanza, ma non è altrettanto chiaro che sarà quando i mercati finanziari se lo aspettano. Nella sua conferenza stampa di giovedì Draghi potrebbe limitarsi a annunciare alcune misure meno controverse, però non ancora l'avvio di un nuovo programma di acquisti di bond sovrani spagnoli. A questo la Bce sta ormai lavorando a pieno regime, dopo aver interrotto gli interventi l'inverno scorso.

Ma sono molti i pezzi ancora fuori posto, nel domino che Draghi ha innescato da Londra tre giorni fa. Non è certo che tutto sarà pronto per giovedì e, in caso di una delusione quel giorno, la reazione dei mercati potrebbe anche essere violenta.
La tessera determinante del mosaico riguarda proprio la Spagna. C'è un piano di acquisti di titoli che prevede interventi alle aste da parte dell'Efsf, il fondo salvataggi provvisorio, mentre la Bce fa altrettanto con i bond già sul mercato.

In contropartita, la Germania chiede però che il governo di Mariano Rajoy sottoscriva un «Memorandum d'intesa» destinato ad azzerare il poco che resta della sovranità della Spagna sulla propria politica economica. Il protocollo non imporrebbe nuove misure, oltre a quelle del bilancio 2013-2014 che Rajoy varerà già domani. Il governo iberico però dovrebbe sottoporsi alle visite di controllo periodiche (lo chiamano «monitoraggio») dei tecnici di Bruxelles e della Bce, su un calendario che lo vincolerebbe per anni.

È un prezzo molto alto per Rajoy. Firmare quella lettera significa per lui abdicare di fatto a un potere che ha inseguito per otto anni, in due elezioni perse (2004 e 2008) e nella terza finalmente vinta solo nove mesi fa. Non è un passo facile per il premier di un Regno che per secoli ha gestito un impero globale. Rajoy sa bene che non ha molta scelta, perché il costo dell'indebitamento spagnolo era ormai fuori controllo prima che Draghi parlasse tre giorni fa.  

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