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Buffett parla di Facebook

5/8/2012

Folla da passerella hollywoodiana davanti allo Sheraton della Settima Avenue per l’inizio del «roadshow» col quale Facebook ha iniziato, lunedì a New York, l’operazione-Borsa.


Folla da passerella hollywoodiana davanti allo Sheraton della Settima Avenue per l’inizio del «roadshow» col quale Facebook ha iniziato, lunedì a New York, l’operazione-Borsa. Le azioni della grande rete sociale (oltre 900 milioni di utenti nel mondo, più di 20 milioni in Italia) verranno quotate a partire dal 18 maggio al Nasdaq, il mercato azionario delle società tecnologiche. I titoli saranno offerti nell’offerta pubblica d’acquisto a un prezzo variabile tra i 28 e i 35 dollari.

 


Facebook potrebbe arrivare a raccogliere oltre 10 miliardi di dollari: in questo caso sarebbe l’Ipo più grossa della storia per una società tecnologica. Ma il fondatore e capo della società, Mark Zuckerberg, deve convincere il mercato che lo sviluppo dei business di Facebook giustifichi i circa 100 miliardi di valore che deriverebbero da un collocamento effettuato al prezzo più alto della «forchetta». Per questo, pur avendo annunciato che la discussione con gli analisti sarebbe stata sostenuta dai capi dell’area finanziaria della società californiana, alla fine è sceso in campo lo stesso fondatore.
 


BUSINESS DIFFICILE DA VALUTARE
Gli analisti cominciano a «fare le pulci» ai documenti presentati da Facebook, come Warren Buffett, il leggendario investitore di Omaha, dice la sua. Spiega che non comprerà titoli della società di Zuckerberg perché, come nel caso di Google, gli risulta difficile stimare il valore di quello che viene venduto: «Sono agnostico. Non dico che valga poco, stanno facendo grandi cose. È un business straordinario, ma proprio per questo è difficile da valutare, capire dove sarà da qui a qualche anno. Non è la Coca Cola».
 
Più generoso il fondatore di Microsoft, Bill Gates, che si sofferma sul personaggio Zuckerberg: «Ha fatto un lavoro stupefacente. Se mi ricorda il Bill Gates di trent’anni fa? In un certo senso sì. Le aziende sono molto diverse, ma lui, come me, è un secchione che lavora un’infinità di ore e che ragiona in modo molto razionale».

 

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