Gli istituti italiani sono solidi e supereranno meglio dei rivali europei la riforma del sistema bancario del Vecchio Continente.
Le banche italiane sono solide e supereranno meglio delle rivali europee la riforma del sistema bancario del Vecchio Continente. A rivelarlo è il rapporto Liikanen, che considera l'effetto della riforma sui principali istituti europei del Vecchio Continente e che è stato presentato nella giornata di ieri alla Commissione Ue dal presidente della Banca centrale finlandese, Erkki Liikanen.
Entrando nel dettaglio, la riforma propone, per le grandi banche 'universali' che adottano il modello ormai prevalente in Europa, la separazione fra l'attività di trading (non solo quella proprietaria ma anche quella per conto clienti) dall'attività caratteristica, e cioè i prestiti a famiglie e imprese.
Una separazione che dovrebbe anche essere accompagnata, per quanto riguarda le attività di trading, da restrizioni nei pagamenti di dividendi e bonus quando non sono in linea con i requisiti patrimoniali. La separazione legale, quindi anche in termini di patrimonio, dovrebbe essere obbligatoria, sempre secondo le proposte Liikanen, per i gruppi bancari che hanno almeno il 10-15% del loro attivo concentrato nel trading e per quelle dove questo business raggiunge la soglia di 100 miliardi.
Quali gli effetti sulle banche? Dalle tabelle contenute nel rapporto Liikanen emerge che nel 2011 gli istituti italiani sono ai primi posti in Europa come peso dell'attività caratteristica (prestiti a famiglie e imprese) un punto di forza nel momento in cui la riforma sarà confermata. In particolare, secondo il rapporto, Ubi Banca è prima in Europa per impieghi netti alla clientela come percentuale degli asset totali, con una percentuale vicina all'80%, seguita da Banca Mps con il 65% circa, dalla svedese Handelsbanken e dall'olandese Ing. Finisce all'undicesimo posto, con una percentuale vicina al 60%, Intesa Sanpaolo. Agli ultimi posti la britannica Barclays, la francese Credit Agricole e la tedesca Deutsche Bank.
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