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Sorpresa: anche l'Asia è un "safe haven"

5/8/2018

Neil Dwane (AllianzGI): "Il ciclo negli USA è maturo e in Europa regna ancora l'incertezza. Chi cerca fondamentali solidi e mercati in crescita non può che guardare altrove"


Che l'Asia non sia più un investimento esotico, gli investitori ormai lo sanno da un pezzo. Ma che possa rivelarsi un “rifugio”, non solo il Giappone ma anche tutta l'area dell'Asia Pacifica, forse no. Questo è invece il lietmotiv dell'Asia Conference organizzata oggi a Berlino da Allianz Global Investors. “Non vediamo una recessione globale a breve, la Fed continuerà politica restrittiva con cautela, ma stanno aumentando le incertezze sui mercati più sviluppati, a partire dalla possibilità di nuove elezioni in Italia che frenano il percorso di maggiore integrazione intrapreso lo scorso anno con la vittoria di Macron in Francia” spiega Neil Dwane (nella foto), global strategist di AllianzGI.

“Il prossimo governo italiano non proporrà riforme strutturali, in Francia le stiamo aspettando e solo in Germania sono state fatte. Non vediamo, insomma, ulteriori sforzi per migliorare l'economia in Europa, mentre negli USA il ciclo è ormai maturo. La Cina, invece, sta portando avanti con successo il processo di riforme strutturali per cambiare le propria economia, mentre il livello di indebitamento, che preoccupava gli investitori anni fa, sembra essere sotto controllo, anche se ci vorrà tempo per il deleveraging” prosegue Dwane. In India, invece, Dwane, oltre al tema delle infrastrutture, ricorda la lotta al contante e la diffusione degli strumenti digitali per i servizi finanziari (tramite i telefoni cellulari) che potrebbe portare benefici all'economia, creando i presupposti per un nuovo sviluppo sotto il profilo tecnologico, finanziario e nei consumi.

Quanto alle politiche protezionistiche di Trump, Dwane fa notare che impatterà non tutte le economie esportatrici: a tremare, infatti, sono soprattutto quei paesi in cui le esportazioni verso gli USA pesano di più sul PIL. È il caso di Singapore, Hong Kong, Tailandia e Malesia, paesi in cui l'export verso gli USA supera abbondantemente il 5% del PIL, mentre per Cina e Giappone si parla di percentuali inferiori al 5% e quindi più facilmente rimpiazzabili con altri mercati. Maggiori rischi per gli investimenti in queste aree provengono invece dal processo di normalizzazione avviato dalle banche centrali e guidato dalla Fed, che lentamente ridurrà la liquidità sui mercati.

Passando al dollaro, per Dwane era troppo “cheap” ed era naturale un suo rafforzamento sui mercati, anche se “resta fondamentalmente sopravvalutato”. Lo scenario, quindi, per Dwane è chiaro: chi cerca fondamentali più solidi (soprattutto se confrontate con le economie eccessivamente indebitate dei paesi sviluppati) e mercati azionari che mostrano più spazio per poter crescere ulteriormentem non può che guardare all'Asia. Dal punto di vista dell'investitore equity, la ricetta è presto detta: Europa per i dividendi e Asia per la crescita. E la geopolitica? Va trattata coi guanti, chiosa Dwane che ricorda il caso della Nord Corea: “Chi ha voluto proteggersi da questo rischio, ha molto probabilmente ridotto l'esposizione alla Sud Corea, che però è stata una delle Borse più performanti nel 2017”.

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