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Elezioni e mercati

8/12/2024 | Paola Sacerdote

In quello che sarà ricordato come l’anno elettorale più eclatante della storia, e in attesa delle presidenziali americane di novembre, in numerose tra le nazioni più importanti si è già votato. Quali le implicazioni per gli investitori?


In quello che sarà ricordato come l’anno elettorale più eclatante della storia, e in attesa delle presidenziali americane di novembre, in numerose tra le nazioni più importanti si è già votato. Quali le implicazioni per gli investitori?

Iniziamo dal risultato delle elezioni parlamentari europee, che hanno visto un rafforzamento degli schieramenti con un orientamento più nazionalista. Secondo Philip Chandler e Azad Zangana, rispettivamente fund manager and head of UK Multi-Asset, e senior european economist & strategist di Schroders, “queste nuove correnti politiche nazionalistiche potrebbero portare a un'inclinazione più populista dei piani fiscali, che di solito significa più spesa, tagli alle tasse e una politica fiscale più accomodante. Tutto ciò dovrebbe essere abbastanza positivo per le economie e i mercati azionari”, a condizione che non si perda la fiducia del mercato obbligazionario e che quest'ultimo continui ad essere ragionevolmente ben gestito, perché quando questo avviene il rischio è di ritrovarsi in una fase di improvviso ritorno dell'austerità, con conseguenze negative per le economie coinvolte. “Si tratta di un gioco di equilibri molto complesso – sottolineano gli esperti - L'Italia, ad esempio, sembra aver trovato il modo corretto di gestire il mercato obbligazionario” 

In ogni caso l'aspetto fondamentale è capire le potenziali implicazioni di lungo termine. “In ultima analisi, i rendimenti degli asset dipendono da una serie di trend: demografia, innovazione tecnologica, investimenti, intelligenza artificiale, cambiamento climatico. Quindi le elezioni spesso non hanno un impatto importante sui rendimenti a lungo termine, ma possono portare a fasi di volatilità sul breve periodo”. 

Chandler e Zangana ritengono che una delle possibili conseguenze del risultato elettorale in Europa potrebbe essere una minore spinta sul fronte delle politiche green, con importanti implicazioni sui potenziali rendimenti a lungo termine. “Se avremo un rallentamento nella gestione del cambiamento climatico, le implicazioni saranno negative per i rendimenti a lungo termine e per alcune aziende. Ci saranno vincitori e vinti in un modo che non abbiamo visto negli ultimi 15 anni, quando invece la correlazione è stata molto alta tra i vari settori”.

Veniamo ora al Regno Unito. Con 410 seggi sui 650 della Camera dei Comuni (i Conservatori si sono fermati a 118) il Labour ha stravinto le elezioni e ora il Primo Ministro Keir Starmer si appresta a guidare il Paese per i prossimi cinque anni con una maggioranza solida, una delle più ampie nella storia del dopoguerra.

“Tenendo conto di ciò, abbiamo esaminato tutte le maggioranze di rilievo nel Regno Unito dal 1945 per capire la loro relazione con la crescita economica” spiega Henry Dixon, portfolio manager azionario di Man Group.

“Abbiamo scoperto che i sei governi con grandi maggioranze dal secondo dopoguerra hanno registrato una crescita media del PIL del 3,3% nell'anno delle elezioni e nei quattro anni successivi. Una crescita quindi maggiore rispetto alla media del dopoguerra, pari al 2,3%. Sebbene si possa discutere sul nesso di causalità e correlazione, è chiaro che esiste un precedente storico per affermare che le maggioranze ampie portano una crescita superiore alla media”.

“Sebbene il Regno Unito sia entrato solo brevemente in recessione tecnica alla fine del 2023, alcuni settori hanno sperimentato condizioni simili alla recessione. Uno di questi è l'edilizia: i volumi di consegna dei mattoni sono scesi del 30% rispetto al picco del 2018 e sono inferiori a quelli registrati durante la crisi finanziaria globale”.

Il Labour ha individuato proprio nell'edilizia, attraverso riforme del sistema di pianificazione, il principale moltiplicatore economico: questo fa eco a uno studio del 2020 della Confederazione dell'Industria Britannica e di Oxford Economics, che ha calcolato che ogni sterlina spesa nell'edilizia crea un valore di 2,92 sterline per l'economia del Regno Unito.

“Abbiamo già assistito a un primo rally sulla scia delle riforme urbanistiche previste dal nuovo governo, ma ci sono potenziali benefici legati al settore edilizio di seconda linea. Oltre ai produttori di mattoni, tutto ciò che contribuisce alla costruzione di una casa, ad eccezione, potenzialmente, delle società costruttrici” conclude l’esperto di Man Group.

Infine Frederic Leroux, membro del Comitato di Investimento Strategico di Carmignac, commenta l’esito del secondo turno delle elezioni parlamentari francesi. Come previsto, l'organizzazione di un "fronte repubblicano" contrario al Rassemblement National è riuscita a impedire l'ascesa al potere dell'estrema destra, dopo la sua vittoria clamorosa al primo turno delle elezioni, ma la nuova Assemblea Nazionale non ha una maggioranza. 

 “Le maggioranze si formeranno quindi in base ai provvedimenti da votare, in un contesto in cui i temi di consenso saranno particolarmente rari” afferma Leroux. “Lo scenario più probabile è quello di uno stallo che impedisca qualsiasi iniziativa legislativa di rilievo. La Francia gestirà quindi i propri affari quotidiani, fino al prossimo scioglimento (tra più di un anno) o alle dimissioni del Presidente della Repubblica, in un contesto di ulteriore deterioramento dei conti pubblici”.

Cosa aspettarsi dunque sui mercati? “È difficile pensare che il credito sovrano francese non si discosti da quello tedesco” evidenzia l’esperto. “Lo spread tra i due, che attualmente oscilla tra i 70 e i 75 punti base, è destinato a salire gradualmente, aumentando il costo del debito francese e contribuendo all'indebolimento dell'economia nazionale”.

Sui mercati azionari, “nonostante meno del 20% degli utili del CAC40 sia generato in Francia, è possibile che le allocazioni di asset in Francia vengano ridotte in modo permanente” prosegue. “La notizia dello scioglimento dell'Assemblea nazionale francese aveva provocato un calo uniforme di tutti i titoli francesi, mostrando una riduzione indiscriminata dell'allocazione alla Francia. Ora che l'apparente "worst-case scenario" del mercato è stato scongiurato, le migliori società esportatrici dovrebbero tornare a sovraperformare il mercato azionario francese, che risentirà di una chiara e duratura mancanza di dinamismo interno”.

Secondo Leroux la situazione francese sembra inoltre destinata a contribuire all'indebolimento dell'euro, dato lo stallo del motore politico franco-tedesco. La mancanza di iniziativa economica rischia di "europeizzarsi".

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