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12/6/2017
Nel 2018 le economie più importanti del mondo continueranno a mostrare forza e resilienza. È questa la convinzione base dell’outlook per il 2018 presentato oggi da John Greenwood (nella foto), capo economista di Invesco, a Milano. "Ci sono buone ragioni per ritenere che l'attuale espansione dell'economia americana sia destinata a protrarsi e potrebbe diventare la fase positiva più lunga della storia finanziaria degli Stati Uniti. Ciò implicherebbe una ripresa continua superiore all’espansione record di 120 mesi registrata tra marzo 1991 e marzo 2001" spiega Greenwood.
Per l’economista l'unica minaccia reale a queste previsioni è la possibilità che la Fed e le altre banche centrali possano commettere un errore sulla strada della normalizzazione, adottando una linea di politica monetaria troppo rigorosa: im caso di stretta eccessiva, c'è il rischio reale di un rallentamento nel 2018 - 2019 e di una continuazione di tassi d’inflazione al di sotto dell’obiettivo in molte economie primarie. Centrale nella presentazione dell'outlook di Grennwood, infatti, è la riflessione sull’inflazione. Per la maggior parte del 2017, il livello dei prezzi è rimasto al di sotto del target previsto dalla Fed. Governatori e presidenti hanno individuato le cause nelle riduzioni una tantum dei prezzi dei contratti dei cellulari e ad altri eventi eccezionali, sostenendo che la sottoperformance dell’inflazione rispetto all’obiettivo del 2% è temporanea.
Ma Greenwood non la pensa affatto così: "Dopo nove mesi di debolezza dei prezzi, l’affermazione secondo la quale le variazioni osservate sarebbero temporanee comincia tuttavia a perdere credibilità" prosegue l’economista, ricordando che uno dei momenti cruciali arriverà nella primavera del 2018, quando i cali dei prezzi del 2017 usciranno dalle comparazioni su base annua. Gli investitori torneranno a chiedersi perché l’inflazione continua a non crescere, nonostante un robusto mercato del lavoro e una crescita moderata del Pil. Per Greenwood la risposta è semplice: la curva di Phillips non funziona nell’attuale contesto economico. "Siamo del parere - spiega - che il problema sottostante sia la lenta crescita della moneta e del credito. Questo modesto grado di debolezza dei prezzi non è tuttavia destinato a causare grandi danni, purché l’anno prossimo l’inflazione di base cominci a risalire".
Per Greenwood la Fed sta mettendo in atto una politica di graduale normalizzazione e non una stretta dei tassi d’interesse: nel settembre 2017 ha annunciato l’inizio di un piano di riduzione del proprio bilancio e ha prospettato un altro rialzo dei tassi d’interesse a dicembre 2017, seguito da tre ulteriori rialzi di un quarto di punto percentuale nel 2018. Entro la fine del 2018, secondo Greenwood, i tassi dovrebbero essere compresi tra il 2,0% e il 2,25%. Il programma di riduzione del bilancio dovrebbe invece servire a dare nuovo slancio all'economia nel 2018.
Il ridimensionamento inizierà con 10 miliardi di dollari statunitensi al mese durante il quarto trimestre del 2017, ma si prevede un aumento fino a 50 miliardi di dollari statunitensi al mese nel trimestre finale del 2018. "Ciò significa che gli investitori del settore privato dovranno sostituirsi alla Fed come detentori di titoli e che il Tesoro USA e le agenzie governative dovranno pertanto incrementare le dimensioni delle loro aste" conclude l'economista, invitando ad osservare con attenzione la vendita di altri titoli di debito da parte della Fed: potrebbe far crescere i tassi a lungo termine, inasprire le condizioni finanziarie e contrarre il credito bancario e la crescita monetaria. Con conseguenze negative sull'inflazione.
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