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9/12/2017 | Davide Mosca
La Banca Centrale Europea, la Federal Reserve USA, la Banca del Giappone e la Banca d’Inghilterra continuano tutte a perseguire l’obiettivo del 2%, anche se l’inflazione nelle rispettive giurisdizioni è stata costantemente inferiore a questo livello per gran parte dell’ultimo decennio. Per quale motivo non si è giunto ad una revisione del target? Non si dovrebbe semplicemente assumere un cambiamento strutturale nella dinamica dei prezzi?
A queste domande cerca di dare risposta l'analisi di Lukas Daalder, chief investment officer di Robeco Investment Solutions. "La risposta ai quesiti relativi all'inflazione - afferma Daalder - è che questa si è in effetti materializzata, ma non nella sfera dei beni e dei servizi, quanto piuttosto nella realtà dei mercati finanziari. Il forte rimbalzo registrato sui mercati immobiliari - prosegue - il fatto che l’indice S&P 500 stia quotando ad un PE Schiller di 30,3x e rendimenti obbligazionari a livelli straordinariamente bassi, che implicano prezzi delle obbligazioni alti, possono tutti essere considerati un riflesso di prezzi degli asset finanziari inflazionati."
Il mancato inserimento di questa tipologia di asset nei target inflazionistici non significa, dunque, un'assenza del fenomeno tout court ma una criticità relativa alla metodologia di misurazione. In target permangono infatti settori interessati da megatrend che mitigano la forbice di oscillazione dei prezzi. Digitalizzazione e riproducibilità di beni e servizi, perdita del potere di mercato del lavoro e invecchiamento della popolazione, fa notare il chief investment officer di Robeco Investment Solutions, sono fenomeni con risvolti deflazionistici. "In questo scenario - conclude Daalder - l'inflazione ritornerà dopo un certo ritardo, accompagnata da un aumento dei rendimenti obbligazionari."
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