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6/16/2017 | Mathilde Lemoine*
La crescita mondiale ha riaccelerato a livello globale a partire dall’estate 2016. Il ridimensionamento del piano infrastrutturale cinese deciso all’inizio del 2016 ha comportato nel 2016 un aumento del 21% delle spese d’investimento delle imprese statali del paese. Ne è risultato un aumento del prezzo delle materie prime del 15% tra agosto 2016 e febbraio 2017. L’incremento è stato del 43% in un anno. La Cina è infatti uno dei primi consumatori a livello mondiale di materie prime: assorbe due terzi delle importazioni mondiali di minerali di ferro e la metà delle importazioni di zinco, rame, acciaio e alluminio. Questo riorientamento della politica economica cinese ha contribuito notevolmente all’accelerazione dell’inflazione e del commercio mondiale.
Quest’ultimo ha osservato un miglioramento dei termini di scambio dei paesi esportatori di materie prime. Lo stesso è stato innescato anche dal consumo delle famiglie e dalla ripresa del ciclo industriale in quanto il commercio internazionale dipende ancora fortemente dagli investimenti. Dopo aver registrato un calo del 18% tra luglio 2014 e gennaio 2016, le esportazioni mondiali sono cresciute in termini di valore di oltre il 6% dall’estate 2016. Tale accelerazione risulta per l’84% dalle importazioni dei paesi emergenti e per il 66% unicamente dei paesi asiatici. Certamente quest’aumento delle esportazioni riflette la progressione del prezzo delle materie prime, ma l’aumento in termini di volume è comunque stato del 4%.
Di conseguenza la crescita mondiale ha accelerato. Infatti, i paesi emergenti esportatori di materie prime, rappresentano in media due terzi delle variazioni di crescita dei paesi emergenti che nel loro insieme contribuiscono in ragione dell’80% alla crescita globale dall’inizio del 2008. L’inflazione ha ritrovato ritmi positivi. Negli Stati Uniti è stata del 2.2% ad aprile 2017 contro l’1.3% del 2016. Nella zona euro ha raggiunto l’1.9% contro il -0.2% in aprile 2016. In Cina è ora dell’1.2%. L’elezione di Donald Trump ha fatto crescere la speranza che il movimento di “reflation”, vale a dire l’accelerazione della crescita e dei prezzi al consumo, sarebbe stato continuativo. L’attuazione del suo programma avrebbe dovuto dinamizzare in modo significativo la crescita mondiale.
Per il momento è stata votata invece unicamente l’abrogazione della legge volta a creare un’assicurazione sanitaria universale a livello federale (Patient Protection and Affordable Care Act) e unicamente la “spesa” del budget è stata presentata dal Presidente americano. Inoltre, come già anticipato nelle nostre precedenti previsioni, è poco probabile che le misure proposte dall’amministrazione Trump siano votate come tali. Esse dovrebbero essere oggetto di negoziazioni con i membri del Partito Repubblicano al congresso. Infine, la valutazione dell’impatto delle misure fiscali è spesso sottostimato in quanto non tiene conto della rimessa in causa delle agevolazioni fiscali. Ad esempio, parallelamente alla diminuzione del tasso d’imposizione della società, è previsto che numerosi crediti d’imposta siano soppressi e in particolare quello che consente la deduzione degli interessi su prestiti dall’utile imponibile.
Pertanto l’influenza del programma economico di Donald Trump dovrebbe avere un effetto trainante sulla crescita, positivo ma limitato. Inoltre, come già anticipato, l’aumento del prezzo dell’energia ha già cominciato a erodere il potere d’acquisto delle famiglie e il profitto delle imprese. L’apprezzamento del 10.6% del tasso di cambio effettivo del dollaro osservato da agosto a dicembre del 2016 ha pesato sulle esportazioni e l’aumento dei tassi a 30 anni dal 2.1% al 3.2% ha ridotto la domanda di alloggi. L’impennata dei tassi d’interesse e del dollaro si è quindi rapidamente arrestata e la crescita americana è stata dell’1.9% su base annua nel corso del primo trimestre dopo aver accelerato dall’1.5% nel primo semestre 2016 all’1.9% nel secondo semestre 2016. La crescita cinese ha raggiunto il 6.9% nel primo trimestre dopo il 6.7% del primo semestre 2016 e il 6.8% del secondo semestre 2016. La crescita cinese ha quindi contribuito nella misura del 32% alla crescita mondiale mentre quella americana unicamente nella misura del 12% a partire dal 2008.
*Group Chief Economist, Edmond de Rothschild
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