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Con Trump nuova fase di M&A sul Biotech

1/20/2025 | Max Malandra

Secondo Eugene Hardonk, ceo di J.Lamarck, il cambio di presidenza alla FTC dovrebbe tornare a favorire le operazioni straordinarie. Ecco le aree e i titoli più interessanti.


Il 2024 è stato un anno stagnante per il settore biotech, in seguito a una combinazione di sfide economiche, incertezze regolatorie e una certa mancanza di catalizzatori di rilievo. Ma quali sono le prospettive per il nuovo anno? Lo abbiamo chiesto a Eugene Hardonk, ceo di J.Lamarck.

“Il 2025 dovrebbe essere diverso. L’insediamento di Trump alla Casa Bianca potrebbe avere un impatto significativo sul settore biofarmaceutico”.

Perché?

Influenzerà probabilmente gli aspetti normativi, economici e di politica sanitaria. Per quanto concerne la regolamentazione e i prezzi dei farmaci, il neoeletto presidente americano ha frequentemente espresso l'intenzione di ridurre le regolamentazioni per stimolare l'innovazione e ciò potrebbe favorire le aziende biofarmaceutiche. Il suo intento di abolire l'Inflation Reduction Act o di non dare la priorità al programma potrebbe generare maggiore incertezza sulle politiche dei prezzi dei farmaci, sfavorire i limiti imposti dalla precedente amministrazione aumentando così le opportunità di profitto per le aziende farmaceutiche.

Il cambio alla guida della FTC servirà a rilanciare anche questo settore?

La possibile uscita di Lina Khan, presidente della Federal Trade Commission (FTC) e nota per il suo approccio più rigoroso verso fusioni e acquisizioni (durante il suo mandato ha limitato molte concentrazioni aziendali), potrebbe effettivamente comportare una svolta nella politica antitrust. Con il cambio di leadership alla FTC, si prevede un atteggiamento più permissivo verso le operazioni di M&A, con un impatto favorevole sulle aziende biotech di piccole e medie dimensioni. Le grandi aziende farmaceutiche con riserve di liquidità elevate potrebbero, infatti, accelerare le acquisizioni di biotech innovative per compensare la scadenza dei brevetti su farmaci di punta.

In quest'ottica, meglio le big o le small cap?

Una buona combinazione di aziende grandi e medio piccole è la più funzionale. Le grandi aziende biotecnologiche, come Amgen, Biogen, Regeneron o Gilead Sciences offrono maggior stabilità, grazie a flussi di reddito consolidati, ampi portafogli di prodotti e pipeline diversificate e sono meno vulnerabili agli insuccessi della sperimentazione clinica di un singolo farmaco. Alcune offrono dividendi, rendendo l'investimento più interessante per chi cerca stabilità e reddito passivo.

Le mid e small cap presentano un potenziale di crescita elevato in quanto un successo clinico derivante da tecnologie altamente innovative può portare a sostanziosi guadagni. Grazie al fatto che spesso sono proprio queste che guidano le frontiere della scienza con tecnologie emergenti, come l’editing genetico (CRISPR), terapie geniche, RNA messaggero o intelligenza artificiale applicata alla scoperta di farmaci, possono divenire interessanti obiettivi di acquisizione da parte di big Pharma.

Quali "aree" del biotech vedete come più promettenti? E quali titoli?

Le aree più promettenti riflettono le recenti innovazioni scientifiche e tecnologiche, oltre alle necessità cliniche emergenti. Le più interessanti ritengo possano essere le terapie geniche e cellulari che permettono di correggere o sostituire geni difettosi utilizzando tecnologie come CRISPR-Cas9 o vettori virali. Queste terapie, che hanno già ottenuto il via libera dalla FDA (la terapia di CRISPR Therapeutics è stata approvata lo scorso anno) stanno rivoluzionando il trattamento di malattie genetiche rare (come l’anemia falciforme e la beta-talassemia) e stanno entrando nell'oncologia. 

Anche le tecnologie legate agli RNA messaggeri (mRNA), che sono stati al centro della pandemia COVID-19 con vaccini innovativi, si stanno espandendo a vaccini per altre malattie infettive, oncologia e disturbi rari. Vi sono, poi, i farmaci biologici di nuova generazione come gli anticorpi monoclonali coniugati che, trasportando i farmaci direttamente alle cellule tumorali, minimizzano gli effetti collaterali e permettono la cura di molte malattie oncologiche. Per dare un’idea della portata di queste innovazioni, ricordo che, all’inizio dell’anno, Pfizer ha sborsato 42 miliardi di dollari per acquistare Seagen, società con un fatturato intorno a due miliardi, ritenuta una delle società più avanzate in questo campo.

Altre aree interessanti?

Quella dei farmaci GLP-1, che hanno dimostrato benefici significativi non solo nel controllo glicemico (diabete) e nella perdita di peso (obesità), ma stanno mostrando risultati eccezionali anche nella riduzione degli eventi cardiovascolari e delle malattie renali. Dopo Novo Nordisk e Eli Lilly, anche Amgen sta preparando il suo ingresso in campo con il suo “Maritide” che, oltre a prevedere una somministrazione mensile anziché settimanale, sembra anche preservare maggiormente la perdita di massa muscolare nei pazienti rispetto ai due farmaci già sul mercato.

Non dimentichiamo poi come l’intelligenza artificiale applicata alla Ricerca e Sviluppo stia accelerando la scoperta di nuovi farmaci, il disegno di studi clinici e l'identificazione di biomarcatori per terapie personalizzate. L'intersezione tra scienze della vita e tecnologie avanzate sta portando ad una nuova ondata di terapie con molteplici opportunità per innovazione e crescita economica.

Cosa hanno riguardato le movimentazioni più recenti in portafoglio nella vostra top 10 holdings?

Abbiamo rafforzato la posizione in Biogen, consci del fatto che il suo nuovo farmaco per il trattamento dell’Alzheimer potrebbe presto divenire un “Blockbuster” da diversi miliardi di dollari di fatturato e alcune posizioni nell’area dell’editing genetico che crediamo possano rappresentare il futuro della medicina, al pari di quanto successo con gli anticorpi monoclonali agli inizi del nuovo millennio.

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