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1/13/2025 | Max Malandra
“Fed e BCE entrano nel 2025 lasciando ipotizzare due traiettorie diverse”. È la constatazione di John Taylor, head of european fixed income di AllianceBernstein, che delinea così lo scenario per l’Europa: “Le nostre proiezioni vedono Francoforte continuare con la sua politica di riduzione dei tassi, con un taglio di circa 25 punti base ad ogni riunione, fino alla soglia del 2%. Successivamente, l’allentamento potrebbe anche proseguire, spingendosi probabilmente al di sotto del tasso neutrale, ma con un ritmo più lento, qualora l’economia facesse fatica a riprendersi. Il nostro scenario base stima, infatti, una crescita inferiore alla media per il nuovo anno, con l’inflazione che dovrebbe rimanere vicino o al di sotto degli obiettivi”.
E per quanto riguarda la Federal Reserve?
Negli Stati Uniti, invece, il contesto è diverso. Nonostante un deficit di bilancio pari al 6-7% del PIL e l’assenza di segnali di miglioramento fiscale, il mercato non sembra preoccuparsene eccessivamente e la crescita statunitense continua a superare quella europea. In questo contesto, bisogna comunque considerare i possibili impatti del secondo mandato dell’amministrazione Trump, che potrebbero innescare diverse evoluzioni nel panorama geopolitico globale soprattutto per quanto riguarda la crescita economica, le prospettive dell’inflazione e le politiche fiscali.
Come muoversi allora sul mercato obbligazionario?
il nostro approccio mira a essere sempre equilibrato e selettivo, per limitare i rischi (sia macroeconomici che idiosincratici) e cavalcare il potenziale di rendimento. La nostra strategia si fonda quindi su un bilanciamento tra credito corporate (di cui circa il 35% high yield e il 25% investment grade), che costituisce la principale fonte di reddito, e titoli di Stato europei che danno stabilità al portafoglio. In ottica di diversificazione, poi, manteniamo anche posizioni in covered bonds e CLO.
Quali sono le prospettive sul credito?
Oggi, nonostante spread più ristretti rispetto al passato, i fondamentali delle aziende investment grade restano solidi e il comparto beneficia di nuovi afflussi, mantenendo i rendimenti interessanti anche se lontani dai massimi storici. Lo stesso vale per l’high yield, dove si osserva una dinamica interessante legata alla durata media delle scadenze: queste sono infatti scese da circa 4,5 anni nel periodo pre-pandemia a soli 2-2,5 anni. Adeguando la duration, quindi, tali spread risultano meno compressi di quanto possa sembrare.
Infine, se negli ultimi due anni le aziende emittenti dovevano offrire cedole più alte a causa dell’aumento dei tassi, oggi possono emettere obbligazioni con coupon più bassi, riducendo i costi di finanziamento e contribuendo a preservare la redditività delle imprese.
E sui titoli di stato?
Siamo favorevoli sui titoli di stato europei, in particolare data la probabile continuazione del ciclo di tagli dei tassi da parte della BCE anche oltre il target neutrale del 2%. Guardiamo, in particolare, a scadenze comprese tra i 3-7 anni; orizzonti più lunghi, a nostro avviso, introducono rischi associati, soprattutto, alle politiche fiscali.
Manteniamo un’esposizione significativa alla Germania, poiché riteniamo che, in caso di episodi di avversione al rischio degli investitori, i Bund potrebbero continuare a sovraperformare rispetto ad altri Paesi. Accanto alla Germania, abbiamo anche una certa esposizione alla Spagna, che sta mostrando segnali positivi, con un miglioramento nei fondamentali e un restringimento degli spread, e la Francia, che sta diventando più interessante man mano che gli spread si ampliano.
Qual è la vostra view sui BTP?
Guardiamo con favore ai titoli di stato italiani, che beneficiano dei rendimenti in calo e della consistente liquidità accumulata durante il periodo di tassi elevati (quando il tasso di riferimento era intorno al 4%). Ora che i tassi stanno convergendo verso il 2%, la liquidità si riversa sui mercati, favorendo un ulteriore calo dei rendimenti. In particolare, i BTP decennali, con rendimenti superiori al 3%, offrono una valida alternativa per chi cerca una remunerazione superiore alla liquidità.
Dal punto di vista fiscale, il quadro italiano si è rivelato meno problematico rispetto alle previsioni, migliorando così la percezione del rischio. Tuttavia, nel lungo periodo, se i rendimenti scendessero sotto una certa soglia (come il 2%), potrebbe esserci una minore disponibilità a reinvestire nei titoli a breve scadenza, il che potrebbe influenzare la domanda di BTP in futuro.
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