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4/4/2023
Dopo un 2022 in cui l’economia dell’eurozona ha registrato un tasso di crescita superiore alle aspettative, il quadro per il 2023 è molto meno roseo. Simona Mocuta, chief economist di State Street Global Advisors, analizza le prospettive della regione per i prossimi mesi.
Il primo interrogativo è: quanto saranno gravi le conseguenze delle turbolenze del settore bancario? “Buona parte dipenderà da come si evolveranno le politiche e le misure di protezione che le autorità hanno già implementato e da altri provvedimenti che potrebbero essere adottati in futuro” osserva l’economista. “Anche se le turbolenze del settore bancario sono ben circoscritte, l’impatto sul sentiment dei consumatori, delle imprese, delle banche stesse e degli investitori è destinato a persistere - e riteniamo che lo stesso valga anche per i policymaker. Sembra ragionevole aspettarsi un maggior grado di cautela, sia nell’erogazione di prestiti, sia in termini di spesa per i consumi, per le assunzioni e gli investimenti da parte delle imprese sia, in generale, di propensione per il rischio. Disponibilità, domanda e qualità del credito sembrano destinate a peggiorare d’ora in avanti. Considerando l’impennata del costo del capitale, già si stimava che questa sarebbe stata la direzione, ma i recenti eventi hanno contribuito ad accelerare la tendenza”. Un aspetto positivo è rappresentato dal fatto che l’indebolimento della domanda e l’inasprimento delle condizioni del credito dovrebbero contribuire all’accelerazione della disinflazione in corso, consentendo alle banche centrali di porre fine al ciclo di inasprimento della politica monetaria prima del previsto. E a questo punto, il prossimo quesito diventa: “Quanto tempo ci vorrà prima che si inizi ad assistere a una riduzione dei tassi di interesse?”.
“A settembre, quando in presenza di forti preoccupazioni legate ai possibili rischi di interruzione all’approvvigionamento energetico abbiamo espresso una previsione di crescita positiva per l’eurozona per il 2023, siamo stati considerati eccessivamente ottimisti” afferma Mocuta. “Quando abbiamo confermato la previsione a dicembre, è apparso ancora più netto il confronto con la lieve contrazione prevista dal consenso. Da allora, tuttavia, considerando la stagione invernale sostanzialmente conclusa e il permanere di scorte di gas naturale, il sentiment sulla performance di breve dell’eurozona è migliorato sensibilmente. Alla luce della resilienza dimostrata e degli ultimi dati, quello che sembrava un approccio ottimistico solo tre mesi fa oggi non lo sembra abbastanza: per questo motivo abbiamo rivisto leggermente al rialzo le previsioni per il 2023, portandole a 0,7%, ancora lievemente al di sopra del consensus in rapida ascesa, tuttavia non più in modo significativo”.
L’economista spiega che nel corso del 2022 l’economia dell’Eurozona ha registrato performance impressionanti, con una crescita che ha toccato il 3,5%, nettamente superiore a quella degli Stati Uniti. “Un cuscinetto di surplus di risparmi, sussidi fiscali significativi per aiutare le famiglie a far fronte al caro energia ed il sostegno della domanda per il settore turistico hanno permesso alla spesa reale dei consumatori di crescere del 4,3% nel 2022 (il livello più elevato dal 2001!), nonostante un tasso di inflazione superiore all’8%. Altrettanto apprezzata è stata la forte crescita riportata dagli investimenti a reddito fisso, che a nostro avviso non solo rappresenta un fattore positivo per l’attuale fase di crescita, ma anche un possibile driver dell’aumento della produttività”.,Il quadro appare invece molto meno roseo per il 2023. “Il ritardato effetto negativo dell’elevata inflazione si traduce in una crescita ridotta della spesa per i consumi per quest’anno, anche se non prevediamo una contrazione totale. I flussi legati al turismo dovrebbero contribuire a limitare i danni. La spesa per gli investimenti subisce un rallentamento analogo: si tratta di un fenomeno su larga scala, ma senza una vera e propria contrazione in un particolare segmento dell’economia”.
“Anche se il peggio è passato, il tema dell’inflazione continua ad essere rilevante” aggiunge l’economista. “Stimiamo che l’inflazione headline rallenterà, passando dall’8,4% dell’anno scorso a circa il 5,5% per quest’anno, prima di subire una brusca decelerazione scendendo al di sotto del 3% nel 2024. Persistono le preoccupazioni legate ad una risposta tardiva alla spirale prezzi-salari, anche se finora gli accordi salariali che entreranno in vigore sono stati rassicuranti in tal senso. Negli ultimi mesi, la BCE ha reagito in ritardo per combattere l’inflazione con manovre restrittive che si sono tradotte in un aumento dei tassi di 50 punti base a marzo, solo pochi giorni prima che le turbolenze del settore bancario si diffondessero in Europa. Gli interventi di rialzo dei tassi non sembrano ancora essere giunti al termine ma ci siamo quasi. Prevediamo un ulteriore incremento di 25 punti base entro la metà dell’anno, seguito da un lungo periodo in cui i tassi rimarranno invariati (a patto che le condizioni di mercato lo permettano). Si potrebbe ragionevolmente pensare che la BCE dovrebbe forse intervenire un po’ di più, ad esempio con ulteriori incrementi di 50 punti base, ma dati i rischi che si stanno diffondendo nel settore bancario, sembra più opportuno un approccio più cauto” conclude.
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