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Massima prudenza: privilegiare asset difensivi e aziende Value

8/8/2022

La crisi di Taiwan è solo il primo di una (forse) lunga serie di scaramucce tra due imperi che lottano per il predominio del mondo del futuro. L'analisi di Andrea Forni.


“La crisi di Taiwan che riempie le prime pagine dei giornali di tutto il mondo mentre scrivo queste righe è solo il primo di una (forse) lunga serie di scaramucce tra due imperi che lottano per il predominio del mondo del futuro. Uno scenario spaventosamente allarmante per noi pasciuti investitori occidentali, ma che contribuisce a comporre l’intrigato puzzle globale che prende il nome di “Nuovo Ordine Mondiale”, di cui avrete già sentito parlare”.

A delineare il quadro intermarket - l’analisi che serve a comprendere quelle che sono le relazioni tra le tre principali asset class, vale a dire azioni, obbligazioni e materie prime - è Andrea Forni (CFTe), consulente finanziario ed esperto di investimenti tematici.

“Il quadro della mia visione del “Nuovo Ordine Mondiale” lo vedete nella figura qui sotto. Questo quadro l’ho iniziato a proporre ai miei clienti da alcuni anni.

Si tratta di un puzzle che si è di volta in volta arricchito di nuove tessere, ciascuna rappresentando una nuova opportunità di investimento (e di rischio): qualche tessera di tipo economico, qualche tessera di tipo demografico, un’altra volta di tipo climatologico e recentemente di tipo geopolitico.

Non pretendo che il mio scenario del mondo nuovo sia esaustivo, né che esso sia la verità assoluta.

Anzi, se il lettore o la lettrice avrà voglia e tempo di farmi sapere cosa ne pensa, ogni suggerimento o critica sarà ben accetto.

 

 

In cosa consiste?

La mia visione del “Nuovo Ordine Mondiale” si basa sul fatto che stiamo vivendo l’inizio della fine dell’Impero americano, che si è espanso nel mondo dagli anni Cinquanta del secolo scorso grazie a un mix di innovazione tecnologica, potere economico, forza militare, cultura capitalista, sorretta da quello che è considerato un “Exhorbitant Privilege”, la valuta di riferimento.

A fronte del declino degli USA e di un’Europa che è una superpotenza erbivora (ovvero senza le “unghie” di un esercito potente e unificato), sta nascendo un nuovo impero destinato a sostituirlo, almeno in gran parte del mondo: la Cina, o meglio il nuovo ordine imperiale cinese, che fonda la sua forza sullo sviluppo della “Nuova Via della Seta”, quella Belt&Road Initiative voluta nel 2015 da Xi Jimping che racchiude 68 nazioni non occidentali, i due terzi della popolazione globale, gran parte delle risorse energetiche, minerarie e agricole, e che spazia dall’Asia all’Africa, dalla Siberia ai Paesi del Golfo Persico.

 

Globalizzazione sì o no, allora?

La pandemia prima o la guerra in Ucraina poi, hanno accelerato la fine della globalizzazione, perché se il mondo si spacca in due non posso contare sulle lavatrici a marchio italiano prodotte in Cina e spedite con una portacontainer coreana che naviga attraverso lo stretto di Taiwan (tra Cina e Taiwan) o lo stretto di Luzon (tra Taiwan e Filippine) in un braccio di mare conteso tra Cina, Filippine, Giappone e Taiwan e sorvegliato dalla flotta dell’alleanza AUKUS (Australia, UK, USA).

Ovviamente, deglobalizzare significa anche riportare in patria le produzioni, quel fenomeno chiamato “re-shoring” che già da dieci anni è stato incentivato negli Stati Uniti e ha portato a un rapido aumento dell’automazione delle aziende manifatturiere di ogni ordine e grado per abbattere i sempre più alti costi del personale. Una gigantesca opportunità per lo sviluppo della robotica di servizio (cobot), della Internet of Things e dell’Intelligenza Artificiale per uso industriale.

La deglobalizzazione e la creazione di innumerevoli aree di libero scambio in Asia e in Africa porta di conseguenza alla de-dollarizzazione degli scambi. Basti guardare ai dati forniti dalla Banca Centrale Russa sulle valute usate tra Russia e Cina per gli scambi commerciali di beni fisici.

E qui sottolineo “beni fisici”, perché come mostrano le ultime analisi della Banca Centrale Europea negli ultimi anni si nota un calo dei Goods Trade ma anche un fortissimo aumento dei Services Trade, ovvero del commercio internazionale di servizi a valore aggiunto.

Pensiamo alla fornitura di servizi di contabilità effettuati in India e offerti a clienti europei, o allo streaming di video e musica da piattaforme che si trovano all’altro capo del mondo. E questo fenomeno sta dando vita al fenomeno della “globotica”, ovvero alla globalizzazione di servizi altamente automatizzati, come spiega il rapporto presentato al Forum della Banca Centrale Europea di Sintra, che vi invito a leggere.

Questa della globotica è un’altra opportunità di investimento ma è un problema per i mercati del lavoro locali (spesso occidentali) che vedono svanire certi tipi di occupazione.

 

 

In tutto questo, come impatta il cambiamento climatico?

Porta sempre più stress di risorse e ci impone di considerare i suoi effetti di medio e di lungo termine nei nostri scenari di investimento. Risorse idriche, adeguamento dei sistemi produttivi in agricoltura e allevamento (indoor farming, agricoltura di precisione), nuove soluzioni abitative (coibentazione e materiali innovativi), ridefinizione del trasporto pubblico e privato con mezzi non inquinanti, e così via. Tutti temi che abbiamo ampiamente trattato nel nostro ultimo libro dedicato ai megatrend.

 

Torniamo a Taiwan: perché tanto accanimento?

Magari la Terza Guerra Mondiale non scoppierà mentre leggerete queste righe, però viene da chiedersi perché tanto interesse per questo isolotto abitato da 20 milioni di persone. Oltre a essere al centro della più importante rotta marittima commerciale tra Asia ed Europa, Taiwan siede su immensi giacimenti sottomarini di gas e petrolio e l’oceano che la circonda è tra i più pescosi al mondo. E in uno scenario dove il fattore demografico richiede sempre più risorse per sostenere la vita di una popolazione in crescita esponenziale (fuori dall’Occidente) queste cose bastano.

E se aggiungiamo che a Taiwan si produce il 65% dei semiconduttori di tutto il mondo e le sue fabbriche sono le più avanzate oggi esistenti, abbiamo detto tutto. E questo spiega anche perché l’Unione Europea già da febbraio abbia lanciato un fondo da 10 miliardi di euro, il Chip Act, per incentivare lo sviluppo dell’industria europea dei microchip entro il 2030. Un problema strategico per l’Europa, un’occasione di investimento per i risparmiatori comunitari.

 

Qual è lo scenario di riferimento?

Aumentano i rischi di sistema tra Climate Change, tensioni geopolitiche, crisi degli approvvigionamenti. E anche i rischi politici visto che dopo Boris Johnson esce di scena anche Mario Draghi. Mentre resta saldo al comando Vladimir Putin, che chiude i rubinetti del gas. E la fame di materie energetiche è tale che in Europa si torna al carbone (altro tema di investimento tornato in auge, sebbene non ESG) mentre l’inflazione va alle stelle, e la Germania entra in recessione per la prima volta da decenni.

Recessione pilotata dalla Fed invece per gli Stati Uniti, dove l’inflazione più che dall’energia è creata dalla piena occupazione che spinge i salari. Che sia inflazione “buona” o “cattiva” le banche centrali hanno cominciato a prosciugare liquidità dal sistema e hanno iniziato un marcato rialzo dei tassi.

In tutto questo marasma politico, economico, militare cosa fanno le Borse? Crescono!

Luglio è stato il mese del rimbalzo degli azionari. Una boccata di ossigeno per gli investitori nel panico i cui sogni di ricchezza sono andati in frantumi tra crollo dei titoli tecnologici e delle cryptovalute.

Chiudo citando alcune delle avvertenze che ho dato ai miei clienti che ricevono la mia analisi mensile. Sebbene questo rialzo dei mercati azionari possa crearvi false aspettative, soprattutto a chi si trovi a dovere recuperare perdite subite nel primo semestre dell’anno, bisogna ricordarsi che stiamo operando in uno scenario di guerra (oggi l’Ucraina, domani Taiwan?) in cui si innesta uno scenario altamente inflattivo e un’economia che è entrata nello stadio discendente del Business Cycle.

Quindi vi esorto alla massima prudenza! Soprattutto ad agosto, quando in vacanza diventa difficile seguire i mercati con la dovuta attenzione e concentrazione. Se proprio volete entrare a mercato, fatelo a vostro rischio e pericolo ma con posizioni molto limitate nella size, privilegiando asset difensivi e aziende “Value” che abbiano dato prova di essere buoni pagatori di dividendi nella storia recente. Meglio ancora, privilegiate investimenti di lungo termine sui megatrend e la liquidità, da tenere per entrare a mercato quando ci saranno tempi migliori e più pacifici di quelli attuali.

 

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