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FED ‘falco’ ma fino a un certo punto. I commenti dei gestori

3/17/2022 | Daniele Riosa

Tutto come previsto dalla maggior parte degli analisti: la Federal Rserve ha alzato i tassi di interesse di un quarto di punto. Si tratta del primo rialzo dal dicembre 2018


Tutto come previsto dalla maggior parte degli analisti. La Fed alza i tassi di interesse di un quarto di punto. Si tratta del primo rialzo dal dicembre 2018. Vediamo come i gestori commentano le decisioni dell’istituto guidato da Jerome Powell.

James McCann, deputy chief economist di Abrdn, nota che "la Fed segue la curva dei rendimenti, e la riunione mostra una banca centrale che si affretta a recuperare il tempo perso. Ha segnalato che quest’anno ad ogni riunione i tassi saliranno e potenzialmente in modo maggiore rispetto alle aspettative se l'inflazione non dovesse comportarsi bene. Certo, il presidente Powell ha segnalato i rischi ribassisti collegati all'invasione russa dell'Ucraina, ma la Fed sembra concentrata sul riportare l'inflazione al livello target, alzando l’asticella per ottenere rapidamente questo aggiustamento. "Il messaggio della Fed è stato che l'economia può gestire questo aggiustamento, anche se ci aspettiamo che i tassi più alti si rivelino più dirompenti per la crescita e il mercato del lavoro di quanto previsto dal FOMC, soprattutto perché la politica passerà da accomodante a restrittiva nel 2023. Questo non significa che la banca centrale non possa progettare un atterraggio morbido, ma il rischio di recessione non è irrilevante, considerati gli effetti negativi che i precedenti rialzi hanno avuto sui cicli economici".

Nicolas Forest, global head of fixed income di Candriam, rileva che “di fronte a un’inflazione che ha raggiunto il livello massimo in quarant'anni, per quest’anno la Fed ha previsto sei ulteriori rialzi. Pertanto, la proiezione mediana di fine anno è dell'1,9%, in linea con le aspettative del mercato, mentre per il 2023 è pari al 2,8%, un livello più alto del previsto. La guerra in Ucraina non sembra aver alterato i piani di normalizzazione monetaria, anche se le dichiarazioni della Fed hanno preso in considerazione le pressioni inflazionistiche aggiuntive causate da questi eventi. La riunione del FOMC è stata anche un'opportunità per chiarire la politica di riduzione del bilancio, che dovrebbe venir attuata nella prossima riunione. L'inflazione è ora il principale nemico della Fed. Dopo aver accettato uno slittamento al di sopra del suo obiettivo, Jerome Powell vuole riprendere la normalizzazione monetaria, rallentando lievemente l'economia americana. Tuttavia, storicamente questo tipo di politica di normalizzazione non finisce sempre bene. Poiché la Fed ha iniziato il suo ciclo di tightening più tardi del solito, in un momento in cui l'inflazione non è mai stata così alta, le condizioni finanziarie potrebbero anche inasprirsi, rendendo ambizioso, a nostro avviso, l'obiettivo del 2,80%. In questo contesto, è facile capire perché la curva statunitense si è appiattita. La curva dei rendimenti 2-30 anni ha raggiunto il livello più basso dalla crisi nel 2019”.

Secondo Silvia Dall’Angelo, senior economist per la divisione internazionale di Federated Hermes, “la Fed è ben consapevole del rischio di una spirale prezzi-salari: più a lungo l'inflazione rimane elevata, più alto è il rischio che diventi perdurante attraverso le aspettative e le dinamiche di formazione dei salari. Ed i recenti sviluppi degli indicatori d'inflazione e del mercato del lavoro indicano già alcuni effetti secondari. Ciononostante, mentre l’intonazione della Fed è hawkish, non è scontato che i fatti seguiranno a breve. Dato che l'incertezza geopolitica c’è, la Fed continuerà probabilmente ad essere in qualche modo reattiva piuttosto che proattiva rispetto agli sviluppi sul fronte dell'inflazione. La Fed non può controllare le pressioni dei prezzi che derivano dall'ultimo shock esogeno, quindi ha poco controllo sui fattori che hanno portato all'ultima impennata d’inflazione. Tuttavia, continuerà ad essere attenta alle indicazioni in base a cui le dinamiche inflazionistiche si stanno radicando attraverso le aspettative e/o il mercato del lavoro. La guerra in Ucraina, l'evoluzione del trade-off crescita-inflazione e le indicazioni riguardanti sugli effetti secondari dell'inflazione, detteranno il ritmo della stretta in futuro”.

Per Salman Ahmed, global head of macro and strategic asset allocation di Fidelity International, “il reale cambiamento si è visto nel dot plot che segnala ora 7 rialzi dei tassi nel 2022. La Commissione, come emerso nella dichiarazione del Presidente Powell, è d’accordo nel riportare la stabilità dei prezzi nell'economia e lavorare per l'avvio del Quantitative Tapering. Crediamo che la Fed nel 2022 realizzerà 3 o 4 rialzi dei tassi, ma le conseguenti condizioni restrittive di un approccio molto ‘falco”’danneggeranno la crescita. Nel complesso, considerata la nostra prospettiva di stagflazione, inasprita dalla guerra Russia/Ucraina, sembra che l’attenzione della Fed si concentrerà di più sulla lotta all'inflazione, nonostante l'incertezza creata dalla guerra.”

Roberto Rossignoli, portfolio manager di Moneyfarm, guarda al futuro: “I mercati erano, e continuano a essere, posizionati per molti altri rialzi quest'anno e nel 2023. Attualmente ne sono previsti almeno altri 6 e la decisione può arrivare a ogni meeting. Altri rialzi da 50 bps non sono da escludersi, ha confermato il governatore Powell nella conferenza stampa. Infine, anche la parola ‘recessione’ ha iniziato ad apparire nelle domande rivolte al governatore. L’appiattimento della curva dei tassi d’interesse governativi è tipicamente un cattivo segnale, ma per ora il governatore ha escluso che le mosse della FED possano indurre un eccessivo rallentamento dell’economia. Nonostante la mossa fosse già in qualche modo attesa, abbiamo assistito a una certa volatilità subito dopo l’annuncio: il dollaro si è rafforzato, i tassi d’interesse sono saliti e l’azionario è leggermente sceso. D’altronde si tratta pur sempre di un nuovo ciclo di rialzi per la politica monetaria, il primo dal lontano dicembre 2015, e dalle parole del governatore sembra che l’intenzione sia quella di combattere l’inflazione ad ogni costo”.

Paolo Zanghieri, senior economist di Generali Investments, prevede che “la Fed si concentra sulla lotta all'inflazione, rispetto ai timori sulla crescita. Dopo il primo rialzo dei tassi dal 2018, la Fed ha rafforzato il proprio impegno nella lotta all'inflazione, sulla base di prospettive molto ottimistiche per il mercato del lavoro; prevede di aumentare i tassi sette volte quest'anno e completare la stretta monetaria il prossimo anno portando i tassi al 2,8%, circa 40 punti base al di sopra del livello di equilibrio stimato. Si prevede che l'attuale turbolenza influirà notevolmente sull'attività economica quest'anno, ma riportare l'inflazione a un livello sostenibile è una condizione preliminare per una crescita stabile. Secondo il FOMC, la forza del mercato del lavoro riduce il rischio di una recessione e, implicitamente, di un errore di politica da falco. La riduzione del bilancio è imminente. La maggior parte dei dettagli è stata definita e il verbale che sarà pubblicato nelle prossime settmane conterrà informazioni sostanziali sull'attuazione. Il processo inizierà ‘in un prossimo incontro’: prevediamo che inizi a giugno, ma maggio potrebbe ancora essere una possibilità se l'incertezza globale si ritirasse. Il percorso atteso per i tassi è in linea con le aspettative hawkish recentemente mostrate dal mercato. Date le prospettive di crescita ancora incerte, quest'anno continuiamo a prevedere fino a sei rialzi dei tassi”.

Sandrine Perret, senior economist di Vontobel, sottolinea che “il dot plot della Fed è stato molto più ‘falco’ rispetto a dicembre, segnalando rialzi dei tassi in ciascuna delle sei rimanenti riunioni della Fed di quest'anno e 3 ulteriori rialzi nel 2023. È importante notare che la dispersione dei punti è ampia e sette membri della Fed si aspettano un ritmo di rialzo più veloce del punto mediano. Crediamo che questo ritmo aggressivo di rialzi rifletta una Fed interamente concentrata a portare l'inflazione verso il suo obiettivo del 2%, abbassando la domanda e quindi accettando (e anticipando) che il costo sarà una minore crescita quest'anno. I mercati hanno digerito abbastanza bene la decisione della Fed ieri, ma raggiungere un ‘atterraggio morbido’ della domanda è molto difficile, a nostro avviso. Il rischio che la Fed stringa troppo rimane non trascurabile quest'anno, anche se i dubbi potrebbero iniziare ad apparire nella seconda parte dell'anno, a meno che non ci siano sviluppi peggiori in Ucraina o immediati prezzi delle materie prime più elevati per un periodo di tempo più lungo”.

Allison Boxer, US Economist di PIMCO, gurda al di là della riunione di marzo e si aspetta che "l'inflazione più elevata e le preoccupazioni sulle aspettative di inflazione continuino a pesare di più sui funzionari della Fed rispetto ai rischi al ribasso sulla crescita nei prossimi mesi. Di conseguenza, la nostra previsione di base continua a prevedere aumenti dei tassi nelle prossime riunioni della Fed e un ulteriore significativo inasprimento della politica della Fed nel corso dell'anno. Questo ritmo più veloce di inasprimento aumenta il rischio di un atterraggio brusco più avanti e suggerisce un rischio maggiore di recessione nei prossimi 2 anni".

Karen Ward, chief market strategist per la regione EMEA di J.P. Morgan AM, sottolinea che "nel complesso la comunicazione della Fed ha avuto un tono molto hawkish. I rendimenti sono aumentati dopo l'annuncio, con i tassi a 2 e 10 anni in rialzo rispettivamente di 12 bps e 6 bps. Le azioni hanno registrato inizialmente un sell-off, prima di recuperare leggermente. In vista della riunione, i mercati stavano comunque già scontando 6-7 rialzi dei tassi da parte della Fed quest'anno e di conseguenza le condizioni finanziarie si erano già inasprite. Guardando al futuro, i mercati potrebbero benissimo determinare l'azione della Fed nei prossimi mesi. In altre parole, ciò che è appetibile per i mercati, sarà tenuto in considerazione dalla Fed".

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