Tempo di lettura: 3min
10/22/2020
L’oro è molto di più di un investimento inteso come fonte di rendimento, ma è anche e soprattutto una protezione contro i rischi noti e meno noti del sistema finanziario, una sorta di “polizza antincendio”. E’ la view di Philipp Vorndran, capital market strategist di Flossbach von Storch AG.
L’oro non è un “metallo di crisi” quando con crisi si intendono ad esempio i rischi legati alla Brexit e alle dispute geopolitiche. “L’oro è piuttosto un “bene di fiducia”, di rifugio, una valuta e non solo, è la valuta di ultima istanza” spiega lo strategist. “Questo metallo prezioso, infatti, è particolarmente richiesto quando le valute sono deboli – uno scenario che in futuro si prospetta di diventare molto frequente. Quando la fiducia nella carta moneta inizia a vacillare e il costo della vita si fa improvvisamente molto più elevato. Basta chiedere a chi possiede oro in Turchia. Da anni il paese è in preda ad una forte inflazione, il che è un bene per coloro che hanno investito parte del patrimonio in attività liquide di prim’ordine come le azioni di qualità o per l’appunto, in oro. Negli ultimi dieci anni, il suo prezzo in lire è decuplicato. La storia ci insegna come l’oro sia un’ottima protezione contro l’inflazione, già da migliaia di anni.”
Il problema dell’inflazione è che è difficile da prevedere, sono troppi i fattori che la causano. Alcuni elementi, infatti, concorrono a smorzare l’inflazione mentre altri la alimentano. Ad alimentare l’inflazione, almeno in teoria, sono invece “le politiche monetarie accomodanti delle banche centrali. Più denaro è in circolazione, più alta è la probabilità che i prezzi aumentino. In realtà negli ultimi anni, la politica delle banche centrali ha spinto al rialzo non tanto i prezzi dei beni, ma piuttosto quelli degli asset, come emerge regolarmente dall’indice dei prezzi degli attivi per la Germania condotta dal Flossbach von Storch Research Institute. Le quotazioni delle azioni e degli immobili ad esempio, sono fortemente aumentate in Germania”.
In tutto questo, “il Covid-19 potrebbe fungere da acceleratore, facendo lievitare ulteriormente i prezzi delle merci. Da un lato, perché le banche centrali continuano a fornire stimoli per finanziare a lungo termine il debito pubblico in rapida espansione in molte economie, dall’altro lato perché il lockdown globale ha pressoché distrutto le catene di fornitura, ora ripristinabili con molta difficoltà. Una domanda in costante aumento si scontra quindi con una carenza di offerta, con possibili conseguenze sui prezzi. Ma che entità avrà questo impatto?”
Flossbach prevede un aumento moderato dell’inflazione, intorno al 3-4%, che non è un picco ma comunque “sarebbe un livello che “fa male” soprattutto ai risparmiatori, che non potrebbero più contare nemmeno sugli interessi dei depositi nominali. Il loro potere d’acquisto sta diminuendo”. Tuttavia, meglio non aspettarsi che le banche centrali intervengano con un aumento dei tassi d’interesse, non appena l’inflazione riprenderà a salire. Lo ha dichiarato in maniera molto chiara la Fed.
“Non si può escludere che prima o poi la gente finirà per diffidare del sistema monetario, che comincerà ad accumulare beni materiali invece di valori nominali oppure ancora che ad un certo punto gli verranno svuotati i loro conti in banca. Una tale perdita di fiducia avrebbe gravi conseguenze, non solo sul sistema monetario ma per l’intera società. A quel punto infatti, bisognerebbe ricorrere infatti ricorrere alla “polizza antincendio” e si manifesterebbe quindi esattamente quella situazione che si spera non possa mai verificare – nonostante l'assicurazione” conclude lo strategist.
Accedi a funzionalità esclusive e migliora la tua esperienza di navigazione
Abbonati a prezzi speciali. La rivista sul tuo desk in ufficio
Scopri le categorie