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Nel lungo termine vince ancora l'azionario

2/11/2020 | Redazione Advisor

In un contesto di tassi d'interesse low for long l'equity potrà sovraperformare ancora l'obbligazionario. Pictet AM


Il decennio appena iniziato ci colloca in un nuovo paradigma in cui crescita potenziale e inflazione normale sono strutturalmente inferiori rispetto al passato. Secondo Andrea Delitala, head of investment advisory, e Marco Piersimoni, senior portfolio manager di Pictet AM, in questo contesto, con i tassi di interesse stabilmente a zero o sotto l’1% nel lungo periodo, l’azionario può godere di un extra rendimento fino al 3% annuo. 

 

"L’andamento dell’attività economica è anemico ma forse, come abbiamo accennato in apertura, questo corrisponde a un nuovo paradigma in cui crescita potenziale e inflazione ‘normale’ sono ridimensionate rispetto al passato" spiegano gli esperti di Pictet. "La lettura del ciclo economico attuale presenta, tuttavia, alcune difficoltà, per via delle contraddizioni che lo caratterizzano: in particolare, il manifatturiero ha un andamento estremamente negativo in contrasto ai servizi che mostrano uno stato di buona salute; il mondo sviluppato tentenna a fronte di Paesi in via di sviluppo che aumentano la propria forza relativa; i consumi appaiono solidi rispetto alle altre componenti della domanda, ovvero investimenti e commercio estero in sensibile decelerazione". 

 

 

"In questo nuovo paradigma che abbiamo disegnato, il livello attuale dei tassi di interesse, molto prossimo allo zero, appare strutturale. Se è così le valutazioni finanziarie ne dovranno tenere conto insieme a una serie di fattori secolari, dalla demografia, all'innovazione, alla deglobalizzazione che sono alla base della riduzione strutturale del metabolismo dell'economia e che, insieme agli elementi più ciclici, impattano nei componenti dei ritorni obbligazionari e azionari" proseguono Delitala e Piersimoni.

"Per quanto attiene al fronte obbligazionario, le previsioni per i tassi di interesse a 10 anni si collocano al 2,3% sul decennale Usa e allo 0,25% sul Bund, con un Total Return medio atteso dell’1,6% all’anno per quanto riguarda il T-Note e una perdita di 0,5% (annuale) per il Bund.

I tassi di interesse strutturalmente bassi, dunque, non rappresentano un’occasione d’oro per le obbligazioni (se si copre il T-Note per il rischio cambio si perde comunque), ma neppure una tragedia. Sono, invece, una buona notizia per l’equity, con un extra rendimento che nello scenario low for long può arrivare anche al 3% e, portando il mercato Usa tra l’8 e il 10%". 

 

 

Gli esperti di Pictet ipotizzano tre scenari sui tassi di interesse, con le relative conseguenze sui rendimenti attesi dei mercati azionari: 

il primo prevede la normalizzazione dei tassi reali (probabilità 40%) intorno all’1,5%;  l’aggiustamento del premio per il rischio avviene a scapito dei tassi, con valutazioni azionarie stabili attorno ai livelli attuali, pertanto con nessun contributo di re/de-rating. In questa ipotesi, la normalizzazione dei premi per il rischio (misurata dalla combinazione tra tassi reali e variazione delle valutazioni annuali) implicherebbe una contrazione delle valutazioni di 1 o 2 punti percentuali. La normalizzazione dei tassi si trasmette in una perdita tra il 2 o il 3% sul rendimento atteso delle azioni.

Il secondo è lo scenario low for long (probabilità 40%) in cui i tassi di interesse reali stazionano tra lo 0 e lo 0,5%. In questo caso la normalizzazione delle valutazioni potrebbe avvenire per effetto della discesa degli earnings yield delle azioni. Questo implicherebbe un aumento del P/E in presenza di redditività costante e si sostanzierebbe in un rerating. Con i tassi reali intorno allo zero, un premio al rischio normalizzato in termini di aumento delle valutazioni azionarie vale circa 3 punti per anno. Ma questo livello di tassi ha un’implicazione importante sul rendimento atteso delle azioni perché offre un extra rendimento in conto capitale tra l'1 e il 3% annuo.

Infine, un terzo scenario è quello in cui si considera una recessione (probabilità 20%): in questo caso i tassi scendono ma le valutazioni non migliorano.

 

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