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4/5/2018 | Greta Bisello
Gli Stati Uniti attaccano, la Cina risponde. I mercati flettono e compiono il loro giro di boa del primo trimestre in rosso. In maniera generale c'è unanimità sul considerare ancora solido lo scenario macroeconomico, nonostante la volatilità che è tornata a fare capolino.
Secondo l'analisi di Olivier De Berranger, chief investment officer, La Financière de l’Echiquier continua a essere persuasa dell'incremento dei salari negli Stati Uniti e dell'avvicinarsi, entro la fine del 2018, degli obiettivo fissato al 2% per l'inflazione.
La negatività dei mercati è data dalla percezione di due rischi ritornati durante questo anno e assenti nel 2017: il rischio «micro» con il settore della tecnologia che ha pesantemente condizionato i mercati a fine marzo. E poi il rischio politico e geopolitico, concentrato perlopiù sulla figura di Donald Trump e sulle sue velleità protezionistiche. Anche se, conclude De Berranger, il rischio di una guerra commerciale su vasta scala resta, per ora, rimane davvero molto remota.
Secondo lo strategy team di Mirabaud AM però la crescita continuerà: "Ci aspettiamo ancora una crescita economica solida nel 2018 nonostante le minacce di un’escalation della guerra commerciale. Anche se la volatilità rimarrà elevata, consideriamo la retorica aggressiva dell'amministrazione USA come una tattica negoziale, che probabilmente porterà gli Stati Uniti e la Cina a raggiungere una soluzione di compromesso. Tuttavia, quest’anno la crescita potrebbe raggiungere il suo apice".
Insomma potrebbero essere sotanto parole, o meglio tweet. Il Presidente Trump si è speso con i 280 caratteri per esplicitare che non si tratta di alcuna guerra commerciale contro la Cina "We are not in a trade war with China, that war was lost many years ago by the foolish, or incompetent, people who represented the U.S.".
Su questo Matteo Ramenghi, chief investment officer, UBS WM Italy: "Se si dovesse davvero aprire una vera guerra commerciale tra superpotenze economiche attraverso un’escalation di dazi, tra le potenziali conseguenze da prendere in considerazione vi sarebbe proprio la stagflazione. Infatti, i prezzi salirebbero (un bene prodotto negli Stati Uniti o in Europa costa più di uno prodotto in Cina), mentre i margini e le opportunità commerciali per le aziende diminuirebbero. È quindi comprensibile la reazione nervosa dei mercati alle minacce da parte di Trump di nuove imposizioni fiscali sulle importazioni".
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