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Le politiche di Trump e le possibili ricadute sull’obbligazionario

12/5/2024 | Redazione ADVISOR

Per gli esperti di Jupiter AM, “il suo ritorno come prossimo presidente degli Stati Uniti, getta una nuova luce sulle prospettive per l’economia americana e sulle prossime politiche della FED”


“Il ritorno di Donald Trump come prossimo presidente degli Stati Uniti getta una nuova luce sulle prospettive per l’economia americana e sulle prossime politiche della Federal Reserve”. James Novotny e Huw Davies, gestori obbligazionari Absolute Return di Jupiter AM, spiegano che “le politiche ‘America first’ di Trump comprendono l’impegno a imporre dazi sulle importazioni e a limitare l’immigrazione. Ha anche promesso sgravi fiscali, deregolamentazione e una riduzione della burocrazia”. 

Le politiche di Trump metteranno in discussione il ciclo di allentamento monetario della Fed? Che effetto avranno le sue politiche sull’inflazione e la crescita? E quale sarà l’effetto sui mercati del reddito fisso? Gli esperti rispondono che “Trump ha promesso di imporre dazi di circa il 60% sulle importazioni dalla Cina e dal 10% al 20% sul resto del mondo nel tentativo di aumentare la capacità manifatturiera interna e attrarre investimenti esteri. Riteniamo che l’impatto di breve termine di questa mossa sarebbe un incremento dell’inflazione negli USA poiché le importazioni diventano più costose, minando al contempo la crescita di economie più votate all’export come Cina e Germania. Il desiderio di alzare i salari nominali dei lavoratori, in particolare nella fascia bassa del mercato del lavoro, è un altro pilastro economico di Trump. L’alta inflazione dopo la pandemia ha eroso i salari reali dei lavoratori. Tuttavia, un’eventuale espulsione di massa di migranti, come previsto, potrebbe ridurre l’offerta di manodopera, spingere i salari interni al rialzo e mettere sotto pressione la redditività delle aziende. I rendimenti delle obbligazioni a lungo termine sono cresciuti dopo il primo taglio dei tassi in questo ciclo a metà settembre. Erano rimasti su livelli elevati a causa delle preoccupazioni degli investitori sulla solidità della crescita statunitense, gli effetti inflattivi delle politiche già citate ma anche per un possibile incremento del  deficit fiscale”.

“Questi alti rendimenti obbligazionari - sottolineano i manager - hanno spinto alcuni operatori di mercato a mettere in dubbio la solidità delle finanze pubbliche statunitensi e la loro capacità di ripagare il debito. Ma riteniamo che questo tipo di preoccupazioni sia fuori luogo visto che il debito è emesso in dollari. Inoltre, la Fed potrebbe ricorrere all’allentamento monetario, se necessario, per far scendere i rendimenti. Secondo l'attuale consensus di mercato, un governo Trump porterebbe a un deficit fiscale ancora più ampio ma oltre a questo ci sono poche certezze. Una crescita forte e tassi d’interesse più alti hanno sostenuto la forza del dollaro e il dollar index è ora ai livelli massimi a un anno. Un dollaro forte tende a inasprire le condizioni finanziarie mondiali, spingendo ulteriormente i flussi di capitale verso gli USA. Di conseguenza, le previsioni sul dollaro sono fondamentali per le previsioni sull’obbligazionario statunitense. Tuttavia, la forza del dollaro potrebbe essere particolarmente controproducente alle ambizioni di Trump di promuovere le esportazioni manifatturiere americane. Un’incognita nota e importante è l’impatto della geopolitica. Da un po’ di tempo i Treasury USA si sono mossi in un intervallo ristretto e gli spread del credito si sono ridotti. Se la forza del dollaro fosse accompagnata a un aumento dei prezzi delle commodity e del petrolio, gli investitori obbligazionari potrebbero vendere una parte delle loro riserve in dollari per far fronte alla scarsità di dollari. Questo potrebbe rivoluzionare i mercati del reddito fisso e del credito. In questo contesto, vanno osservati da vicino gli sviluppi dello scenario geopolitico, specie in Medio Oriente e in Ucraina”.

Il percorso dei tagli dei tassi: “Attualmente, l’economia USA dipende in larga misura da una spesa fiscale sostenuta per stimolare la crescita. Tuttavia è improbabile che l’espansione economica possa durare a lungo, poiché i tassi reali sono ai massimi dal 2008, il che potrebbe danneggiare infine la crescita del settore privato, e condurre ad un indebolimento del dollaro. Uno scenario di questo tipo potrebbe sostenere le strategie d’investimento focalizzate sulla duration e favorire la rotazione verso le obbligazioni dei mercati emergenti che offrono rendimenti interessanti. Con Trump nuovamente al vertice, sono emersi dubbi sul ritmo e sull’ampiezza dei tagli dei tassi da parte della Fed nei prossimi mesi perché le sue politiche potrebbero in primo luogo spingere l’inflazione al rialzo prima di provocare un calo della crescita. In modo interessante il Presidente della Fed, Jerome Powell, ha indicato che la banca centrale non ha fretta di abbassare i tassi, considerando la forza dell’economia. Resta da vedere se la Fed taglierà i tassi a dicembre. L'attuale prezzo di mercato dei tassi di interesse riflette questa incertezza, con il tasso terminale almeno 70 punti base sopra il tasso neutrale della Fed. Dal nostro punto di vista, il taglio dei primi 100 punti base sarà la parte più facile, mentre le prospettive per il 2025 rimangono incerte. Tuttavia, l’alto punto di partenza per i tassi reali e il dollaro forte, insieme ai cambiamenti estremi che Trump vuole apportare, danneggeranno la crescita e ridurranno l’inflazione su scala mondiale”. 

“Ma - concludono gli analisti di Jupiter AM - si tratta semplicemente di un reset. Con i tassi in calo, unitamente a una spesa maggiore per investimenti a livello globale, dal 2025 in poi la crescita e l’inflazione torneranno ad essere volatili”.

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