Tempo di lettura: 2min
2/5/2018 | Greta Bisello
I Treasuries statunitensi sono la cartina al tornasole dei mercati finanziari: attualmente decennale usa al suo record massimo dal 2014, mentre il rendimento del biennale è salito al livello più alto dal 2008 e ora la domanda è se questi siano segnali che anticipino la fine del bull market obbligazionario o, addirittura, indichino un vero e proprio crollo.
Ecco alcuni elementi che potrebbero giustificare tale rialzo. Secondo Witold Bahrke, senior macro strategist di Nordea Asset Management i Treasuries risultano molto legati all'andamento dell'agenda Trump: i tagli alle aliquote sono stati un fattore tra i più importanti dietro all’aumento dei rendimenti. Questo perché, da un lato, il mercato si aspetta di assistere ad un’accelerazione della crescita e, di conseguenza, a maggiori interventi da parte della Fed. Dall’altro lato, ovviamente, la riforma fiscale porterà ad un aumento dell’indebitamento degli Stati Uniti e quindi a una maggiore offerta di obbligazioni governative.
Un altro fattore da considerare è l’inflazione. L’indice dei prezzi al consumo Usa sembra aver raggiunto per ora il suo punto minimo, una sorta di reazione all’accelerazione della crescita vista negli ultimi trimestri. Questo va contro quella che era la situazione 12 mesi fa, quando si indicava un ulteriore ribasso dell’inflazione core. Il recente rialzo del prezzo del petrolio, anche se parzialmente legato a quanto detto sopra, ha probabilmente aiutato a innescare la vendita sul mercato obbligazionario, così come ha contribuito l’atteggiamento più aggressivo delle banche centrali.
Non è la fine per le obbligazioni governative, le debolezze saranno temporanee e non avranno la froza per frenare il bull market.
Nonostante ci sia la possibilità di vedere ulteriori rialzi nei tassi di interesse, questi torneranno a scendere prima che si verifichi un nuovo trend di crescita, e tra questi due momenti probabilmente si frapporrà una fase di recessione dell’economia statunitense.
Tale scenario potrebbe essere contraddetto nel caso in cui la riforma fiscale dia finalmente il via all’aumento dei salari, cosa che innescherebbe un rialzo dell’inflazione e dei prezzi di produzione, con una riduzione dei margini che a sua volta obbligherebbe la Fed a intervenire più aggressivamente. Questo neutralizzerebbe gli effetti positivi della riforma molto velocemente, traducendosi in un rialzo dei tassi brutale e ad un contesto di inflazione stagnante.
Accedi a funzionalità esclusive e migliora la tua esperienza di navigazione
Abbonati a prezzi speciali. La rivista sul tuo desk in ufficio
Scopri le categorie