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12/19/2024 | Daniele Riosa
La FED chiude il 2024 effettuando il suo terzo taglio consecutivo dei tassi di interesse, ma indica di essere pronta a rallentare la marcia. Vediamo come i gestori commentano la decisione presa dall’istituto guidato da Jerome Powell.
Whitney Watson, global co-head and co-chief investment officer of fixed income and liquidity solutions di Goldman Sachs Asset Management, sottolinea che “sebbene la Fed abbia scelto di concludere l'anno con il terzo taglio consecutivo, il suo proposito per il nuovo anno sembra essere quello di un ritmo di easing più graduale. In base ai dati recenti più solidi, le previsioni del FOMC sull'inflazione e sulla disoccupazione sono state riviste al rialzo e il dot-plot vede ora solo due tagli nel 2025. Ci aspettiamo che la Fed scelga di saltare il taglio dei tassi di gennaio, prima di riprendere il ciclo di allentamento a marzo”.
James McCann, deputy chief economist di abrdn, spiega che “la Fed ha completato la prima fase del suo ciclo di allentamento, effettuando il terzo taglio consecutivo dei tassi di interesse e portando la riduzione totale dei tassi a 100 pb negli ultimi tre mesi. Questo rapido aggiustamento riflette il desiderio di ricalibrare rapidamente la politica monetaria, visti i progressi verso l'obiettivo di inflazione e i segnali di rallentamento del mercato del lavoro.La banca centrale entrerà in una fase più cauta nel 2025. Infatti, con una riduzione del divario tra l'attuale tasso dei Fed Funds e le previsioni di neutralità, i membri del FOMC ritengono opportuno muoversi più gradualmente, cercando di calibrare attentamente la politica in modo da non generare un freno o uno stimolo significativo all'economia statunitense. Inoltre, sebbene la banca centrale sia stata attenta a non anticipare i potenziali cambiamenti di politica nel caso di una seconda amministrazione Trump, il timore è che alcuni aspetti di questo programma creino rischi al rialzo per l'inflazione. Alla luce di questo atteggiamento di cautela, la Fed sembra destinata a rallentare il ritmo dell'allentamento da questo momento in poi, rimanendo in attesa almeno fino alla riunione di marzo del FOMC. In totale prevediamo solo tre tagli di 25 pb nel 2025, e in effetti i rischi sono orientati verso un numero ancora inferiore di interventi, dato che la mediana dei membri del FOMC prevede solo due tagli nella sintesi aggiornata delle proiezioni economiche”.
Secondo Daniel Siluk, head of global short duration & liquidity e portfolio manager di Janus Henderson, “la Fed sembra essere tornata a dare priorità ai rischi di inflazione rispetto alla disoccupazione, preparandosi a lasciare invariato il costo del denaro a gennaio e potenzialmente a una pausa prolungata al ciclo di tagli nel 2025, se le pressioni inflazionistiche persistono e l'economia rimane robusta. Sei membri vedono ora il tasso di lungo periodo al 3,5%, rispetto ai 4 di settembre, e agli zero rispetto a due anni fa: questo evidenzia che il board pensa che il tasso ‘neutrale’ sia più alto e che ci troviamo in un contesto di inflazione e di tassi strutturalmente più elevati”.
Tiffany Wilding, cconomista di PIMCO, si concentra sulle prossime mosse: “Dopo la riunione di ieri, riteniamo che l’appuntamento di gennaio possa rappresentare l'inizio di un periodo di attesa della Fed. Tuttavia, è ancora tendenzialmente orientata verso i tagli. Il presidente Jerome Powell ha sottolineato che, sebbene l'orientamento della politica sia significativamente meno restrittivo, è comunque restrittivo. Continuiamo a pensare che un ritorno ai rialzi sia un evento a bassa probabilità, ma la Fed vorrà vedere ulteriori progressi sull'inflazione o un aumento del tasso di disoccupazione prima di riprendere il ciclo di allentamento”.
Per Martina Daga, macro economist di AcomeA SGR, "a guidare la Fed saranno i prossimi dati. Quello che stiamo vedendo nell’ultimo periodo è che l’inflazione non sta dando segni di avvicinamento al target del 2%, ma piuttosto di stabilizzazione a un livello più alto, intorno al 2,5% - 3%. Invece il mercato del lavoro, che nella prima parte dell’anno si è raffreddato abbastanza velocemente, con il tasso di disoccupazione passato dal 3,7% a gennaio 2024 al 4,3% a luglio, si sta ora stabilizzando senza ulteriori indebolimenti, con un tasso di disoccupazione al 4,2% a novembre. Secondo quanto detto da Powell, se questa tendenza dovesse confermarsi anche nei prossimi mesi, potrebbe portare la Fed verso un periodo di pausa, finché non si inizierà a vedere un ulteriore rallentamento dell’inflazione, che porti il FOMC ad essere più sicuro del raggiungimento del target del 2%, o un indebolimento del mercato del lavoro, che porti il FOMC a temere per il mandato di massima occupazione”.
Christian Scherrmann Chief U.S. Economist di DWS, spiega che “nel complesso, siamo rassicurati dalla nostra visione che la Fed impiegherà più tempo per abbassare i tassi al livello neutrale. Tuttavia, con tutte le incertezze politiche in arrivo, rimaniamo vigili. Le tariffe rappresentano generalmente un cambiamento di prezzo una tantum che scompare dai tassi di inflazione dopo 12 mesi. Tuttavia, alcuni modelli suggeriscono che potrebbero avere effetti negativi sulla domanda e sui mercati del lavoro. D'altra parte, sappiamo dal passato che stimoli fiscali e una riduzione dell'offerta di lavoro, forse dovuta a una minore migrazione, possono effettivamente contribuire alle pressioni inflazionistiche. Rimane altamente incerto, almeno per il momento, come si evolveranno questi effetti contrastanti”.
Álvaro Sanmartín, chief economist di Amchor IS, ricorda che “Powell ha affermato che il mercato del lavoro rimane forte, ma si sta raffreddando. E ha ribadito che non ritiene necessario che il mercato del lavoro si indebolisca ulteriormente per controllare l'inflazione. A mio avviso, questo significa che non appena la Fed vedrà di nuovo un paio di dati accettabili sull'inflazione, rafforzerà il messaggio che la politica monetaria dovrà tornare a essere neutrale rapidamente. Per rafforzare il messaggio di cui sopra, Powell ha affermato che il mercato del lavoro non è più una fonte di pressioni inflazionistiche, che è meno diretto di quanto non fosse nel 2019 e che la crescita dei salari è già compatibile con l'obiettivo di inflazione del 2% dato il recente dinamismo della produttività. E, come anticipazione delle buone notizie, Powell ha sottolineato che si aspetta un buon dato PCE core per novembre. In caso contrario, la Fed sottolinea che parte della recente persistenza dell'inflazione è dovuta a componenti che riflettono di fatto un recupero dell'inflazione passata che si sta moderando (assicurazioni sulla casa, assicurazioni auto, servizi di ricovero ospedaliero ecc.). In conclusione, ammetto che ci sarebbe piaciuto vedere una Fed più accomodante, ma penso che la reazione del mercato possa essere eccessiva. A meno che Trump non opti per politiche chiaramente inflazionistiche, le pressioni sui prezzi negli Stati Uniti sono sulla strada giusta e ciò dovrebbe consentire alla Fed di continuare ad abbassare i tassi l'anno prossimo, anche se moderatamente perché, come abbiamo detto e data la buona forma dell'economia americana, è sempre più chiaro che il tasso neutrale oggi è piuttosto alto”.
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