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1/31/2018 | Miyuki Kashima*
Tra il 2006 e il 2012, il Giappone ha avuto ben sette primi ministri, più di uno all’anno. L’elezione di novembre di Shinzo Abe, al suo terzo mandato, segna la fine di un’era di instabilità politica e fa ben sperare per l’economia giapponese.
Subito dopo la vittoria di Abe, l’indice Nikkei 225 ha raggiunto i massimi degli ultimi 21 anni, una corsa che ha visto le azioni giapponesi surclassare facilmente i mercati azionari europei e statunitensi dall’inizio di settembre.
Anche sul fronte macroeconomico l’immagine sembra rosea: gli utili societari e la fiducia delle imprese sono in aumento e il PIL è salito per sette trimestri consecutivi, il periodo più lungo di crescita interrotta negli ultimi 16 anni. Il PIL nominale è aumentato quasi dell’11% nel terzo trimestre del 2017 rispetto a cinque anni prima. Vediamo questa crescita come un’importante pietra miliare. Per la prima volta dal 1997, il PIL nominale è ora superiore a 533mila miliardi di yen, il che significa che l’economia ha finalmente recuperato il terreno perduto nei due lunghi decenni di declino.
Se si fa un passo indietro, è piuttosto impressionante confrontare ciò che il governo ha promesso quando ha lanciato gli stimoli fiscali e monetari nel 2013 e quello che ha effettivamente conseguito dal punto di vista economico. Pensiamo dunque che questo giustifichi un outlook positivo per gli investitori.
*Miyuki Kashima, Head of Japanese equity investment – BNY Mellon Asset Management Japan
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