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6/20/2011 | marco gementi
La Bank of International Settlements (BIS) ha recentemente reso pubblici alcuni dati interessanti sull’esposizione al rischio Paese delle banche globali.
Attualmente le banche europee detengono il grosso dell’esposizione (cash) diretta ai Paesi debitori dell’Europa periferica, fino a tre quarti del totale in molti casi. I dati non dicono chi ha acquistato la protezione dei CDS sui debitori dell’Europa periferica; sarebbe ragionevole pensare che le banche europee abbiano provato a dare copertura alla loro esposizione diretta comprando CDS dalle banche americane.
Di conseguenza se arrivassimo alla ristrutturazione del debito da parte di un Paese dell’Europa periferica, sarebbe ragionevole che l’Europa in generale avrebbe motivo di innescare gli indennizzi dati dai CDS, mentre gli Stati Uniti vorrebbero evitare una ristrutturazione perché, in potenza, le banche statunitensi potrebbersi trovarsi a dare consistenti indennizzi. Su questa questione, David Geen, Consigliere Generale dell’organismo sull’industria dei derivati, l’International Swaps and Derivatives Association (ISDA) ha detto che una conversione del debito che allunghi le scadenze non scatenerebbe necessariamente il pagamento dei contratti sui CDS.
Questo mette in luce quanto nei fatti sarà politica qualsiasi decisione sul verificarsi di un default, sia per le obbligazioni sottostanti sia per i CDS. Non c’è da meravigliarsi che la stampa abbia dato notizia del fatto che gli Stati Uniti abbiano fatto pressione sui politici europei per trattare la questione greca in modo che si eviti ad ogni costo l’avvio del pagamento dei CDS.
La questione dell’innesco dei CDS sovrani dovrebbe essere una “questione di mercato” o piuttosto un affare politico? Sfortunatamente si è dimostrato impossibile redigere i contratti CDS in modo ineccepibile, in quanto è impossibile prevedere le dinamiche negli eventi di default – e non si può fare una legge per un cambiamento nella legge.
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