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1/17/2017
Nel 2017 la traiettoria espansionistica degli Stati Uniti d’America dovrebbe proseguire, riconfermandosi per il settimo anno consecutivo. Le prospettive per i prossimi mesi sono a tinte ottimistiche, ma non è oro tutto quello che luccica. Ci tiene a sottolinearlo Martyn Hole (nella foto), investment director di Capital Group, gestore attivo di Los Angeles con un orizzonte di investimento di lungo periodo e 1.400 miliardi di dollari di patrimonio in gestione, che oggi a Milano a una conferenza stampa ha presentato l’outlook per il 2017. “Dato che l’economia non dà segnali evidenti di eccessi, è ragionevole aspettarsi che la crescita persisterà anche nel 2017, trainata dal rafforzamento dei consumi.Tuttavia, il contesto economico statunitense rimane caratterizzato da una duplice dinamica: consumi vivaci in parte controbilanciati da un’attività industriale debole, ancorché in ripresa, pertanto la crescita sarà modesta” spiega l’esperto.
Dopo anni di guadagni, Hole ha detto che la maggior parte delle azioni USA sembra avere raggiunto la piena valutazione e anche se la prospettiva di sgravi fiscali e di un aumento della spesa per le infrastrutture da parte dell’amministrazione Trump potrebbe rappresentare un fattore trainante degli utili societari, con le valutazioni azionarie che scontano già un anno positivo, la selettività è fondamentale per investire.
E l’Europa? Per Hole è ancora in ritardo lungo la strada della ripresa, rallentata dalle pressioni deflazionistiche e dai rischi politici in aumento che continuano a pesare sulle prospettive di crescita. “I tassi d’interesse negativi penalizzano il settore bancario, mentre gli utili societari, sebbene in miglioramento, restano relativamente bassi. La stabilità dell’UE sta diventando rapidamente la nuova e più acuta minaccia per la difficile ripresa europea dopo la crisi finanziaria del 2008-09” spiega Hole secondo cui l tasso di crescita economica nell’Eurozona potrebbe essere inferiore a quello evidenziato in passato (intorno all’1-1,5%).
Una crescita così anemica, secondo l’esperto, rende l’Europa più vulnerabile a shock esterni, come un ulteriore rallentamento dell’economia cinese o un’eventuale recessione negli Stati Uniti d’America che secondo Hole potrebbe essere più vicina di quanto si pensi. Hole ha detto infatti di essere preoccupato dagli effetti che potranno provocare gli stimoli fiscali di Trump negli USA che hanno già raggiunto la piena occupazione: “Nel caso di impennata dell’inflazione la Fed potrebbe essere spinta ad aumentare il ritmo dei rialzi dei tassi dando inizio così a una fase recessiva. E non è verosimile che ciò accada nella seconda parte del 2018”. Tuttavia, secondo l'esperto i tassi d’interesse sembrano destinati a rimanere relativamente bassi per un periodo prolungato. “Le banche centrali potrebbero mantenere politiche accomodanti piuttosto che rischiare una recessione" e se i tassi aumentano lentamente, il "rischio di ribasso correlato per le quotazioni obbligazionarie sarà molto limitato".
Quanto ai mercati emergenti, Hole ha detto che si stanno riprendendo dopo alcuni anni di difficoltà: le valute si sono rafforzate, i prezzi delle materie prime si sono stabilizzati e i tassi d’interesse globali restano bassi. La Cina resta l’incognita principale, anche se le preoccupazioni per lo scoppio di una bolla immobiliare sono eccessive secondo l’economista, che anzi invita a guardare con attenzione a un eventuale rafforzamento del presidente Xi Jinping, il quale potrebbe attuare ulteriori riforme soprattutto sul fronte societario. “Il problema sono le numerose società controllate dallo Stato e non solo per il livello di efficienza e trasparenza di queste corporation. Per ora il livello del debito in Cina è contenuto, ma se nei prossimi 10 anni Pechino decidesse di risolvere i suoi problemi economici indebitandosi si ritroverebbero in una situazione pari a quella odierna degli Stati Uniti” ha detto Hole.
Parlando infine dell’investimento in UniCredit, effettuato ad agosto (la società californiana detiene il 6,7%), Hole ha detto che Capital Group “divide gli investimenti in due categorie: da un lato i campioni globali, dall’altro le situazioni di transizione e cioè istituti con bilanci in difficoltà, capitale non allocato bene, costi alti, ma che possono godere del supporto del governo e hanno cambiato il management, come il caso di UniCredit”. Hole non ha detto altro sul gruppo bancario, ma non ha escluso investimenti in altri istituti di credito italiani.
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