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11/29/2016
Con il 2017 terminerà il decennio dominato dalla crisi economica e dalle sue conseguenze: in due lustri è stata evitata una nuova Grande Depressione ma non la Grande Recessione degli ultimi anni che ha portato all’era del “nuovo mediocre” come l’ha chiamata il Fondo monetario internazionale. La previsione è quella contenuta nell’outlook 2017 di UBP, presentato oggi a Milano, che si attende una crescita del 3,5% a livello globale, trainata dai mercati emergenti che viaggeranno al 5% (4,5% nel 2016) e da uno slancio negli USA, dove è attesa una crescita del 2,3%. Più moderate le prospettive di crescita per l’Eurozona e il Giappone secondo la banca privata elvetica sono contenute e oscillano tra l’1 e l’1,5%.
Quanto all’Italia, per UBP la ripresa appare fragile e le prospettive si confermano limitate: la crescita del Pil dovrebbe rimanere al di sotto dell’1% nel 2017, poiché i consumi sono tuttora moderati. “Nonostante le riforme del lavoro, il tasso di disoccupazione è ancora elevato e la crescita salariale è nulla. Le prospettive per gli investimenti sono limitate e si attendono ulteriori supporti (riduzione delle tasse, incentivi all’innovazione)” si legge nella presentazione del cio del private banking Norman Villamin, che però fa notare come i conti pubblici siano migliorati, con il disavanzo che dovrebbe stabilizzarsi sul 2,5% del Pil nel 2017 e il debito pubblico sul 133%. “In questo scenario in cui i rischi di flessione sono collegati al referendum di dicembre che potrebbero rafforzare i partiti contrari UE” spiega l’esperto.
Passando agli investimenti, in uno scenario in cui i prossimi tre anni saranno probabilmente simili agli ultimi tre (bassa crescita, tassi ridotti e Fed meno accomodante) nel reddito fisso UBP privilegia strategie absolute return e carry, privilegiando il debito societario IG in dollari, l’high yield in indici di CDS, il debito subordinato delle banche sistemiche dei paesi sviluppati, il debito emergente con approccio total return e i convertibili. Sull’azionario, UBP guarda con favore gli USA preferendo le strategie value e favorendo le small cap americane che tendono a sovraperformare nei 12 mesi antecedenti e successivi un rialzo dei tassi. In Europa invece la preferenza va a strategie azionarie che investono in società che corrispondono dividendi elevati e sostenibili
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