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10/24/2016
Otto anni dopo l’inizio della crisi finanziaria e a cinque anni di distanza dalla crisi del debito dell’Eurozona, l’attività economica sta di nuovo crescendo sia in Europa (comeunque sotto l’1%) sia negli Stati Uniti d’America (3%) ma all’orizzonte stia arrivare un temporale: il rischio politico. Pur essendo tradizionalmente associato ai mercati emergenti, con la crisi finanziaria globale questo tipo di rischio è diventato sempre più frequente anche nei mercati sviluppati che hanno impiegato del tempo per riprendersi. Motivo? “Nel contesto attuale di crescita debole, la fiducia nella stabilità delle istituzioni è più essenziale che mai per eventuali investitori. Dobbiamo sperare che le elezioni in arrivo negli Stati Uniti e in UE non alterino il trend attuale, che è positivo ma fragile” sottolinea Olivier Arpin, economist di Union Bancaire Privée. Il rischio di scosse di assestamento a seguito di eventi politici nei mercati sviluppati non è quindi da sottovalutare, visto che in genere l'incertezza politica è in grado di ridurre le prospettive di crescita di un’economia: gli investimenti delle imprese rallentano e i consumatori posticipano l’acquisto di beni costosi.
Un termometro per misurare i rischi legati agli eventi ciclici che generalmente caratterizzano i mercati sviluppati, come le elezioni, è quello utilizzato da Stephanie Kelly, economista politico di Standard Life Investments. Ha isolato tre fattori da monitorare con attenzione: populismo (maggiore propensione verso partiti e politiche contro l’establishment); frammentazione (il cambiamento dei sistemi politici, come il passaggio dal bipartitismo a un sistema pluralista, come avvenuto in Spagna); polarizzazione (un irrigidimento delle divisioni ideologiche tra partiti ed elettorati, come accaduto negli USA).
L’appuntamento elettorale più vicino è quello negli USA. Storicamente le elezioni presidenziali hanno avuto un impatto limitato sui mercati finanziari ed è quanto avverrebbe nel caso in cui vincesse Hillary Clinton, stando alla maggior parte dei gestori. Diverso, invece, l’impatto nel caso dello scenario più avverso ai mercati: la vittoria di un candidato fuori dagli schemi, il repubblicano Donald Trump. Nel caso vincesse, secondo il Research & Investment Strategy di AXA Investment Managers nel breve termine, considerano la sua politica economica che prevede stimoli fiscali più consistenti, assisteremmo a una crescita del PIL più robusta e quindi a una stretta monetaria più decisa da parte della Federal Reserve, un dollaro più forte e rendimenti dei Treasury decennali più alti.
Ma se Donald Trump concretizzasse tutte le sue proposte, lo scenario nel 2018-2019 sarebbe più negativo: cambierebbero infatti la politica economica negli Stati Uniti, con una Federal Reserve maggiormente basata sulle regole e una politica commerciale più protezionista. Questo approccio potrebbe provocare ritorsioni in alcune regioni del mondo, soprattutto in Cina, facendo deragliare la ripresa globale. Nonostante i sondaggi diano in vantaggio la Clinton, non è escluso un finale a sorpresa, come nel caso del referendum sull’uscita del Regno Unito dalla Ue a fine giugno (Brexit).
“Il crollo dei redditi della classe media americana, ininterrotto dal lontano 1989, gioca a favore dell’outsider Donald Trump, rispetto a un politico main stream come Hillary Clinton: per questo Trump ha ancora ottime possibilità di divenire a gennaio il 45° presidente degli Stati Uniti” sottolinea Yves Longchamp, head of Research di ETHENEA Independent Investors. L'esperto si sofferma sul cambiamento della distribuzione della ricchezza negli USA, sempre meno equa: la cosiddetta forbice tra poveri e ricchi continua ad allargarsi e "quasi necessariamente ne consegue il rafforzamento delle alternative populiste ai partiti consolidati, i quali sono responsabili della crescente disparità, decisamente indesiderata dal punto di vista sociopolitico" aggiunge Longchamp.
"La retorica isolazionista di Donald Trump è negativa per le multinazionali americane. Se la globalizzazione invertirà il suo percorso, ad essere penalizzate saranno le società che producono all’estero e vendono negli USA; è il caso soprattutto delle società dei settori tech e industriale” aggiunge Cormac Weldon, gestore azionario di Artemis Investment Management, che ha delle riserve anche sull’eventuale vittoria della Clinton. “In caso di una sua vittoria - conclude - l’impatto non sarà negativo come quello atteso nel caso di una vittoria di Trump. Tuttavia Hillary è una politica relativamente centrista e la competizione con Bernie Sanders l’ha spinta verso posizioni più di sinistra soprattutto sulla sanità e sulle riforme del settore finanziario, due settori che molto probabilmente subiranno un impatto negativo nel caso di una sua vittoria”.
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