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2/2/2015 | Massimo Morici
Il QE lanciato da Mario Draghi continuerà a schiacciare i tassi costringendo così gli investitori, per ottenere rendimenti interessanti, a fronteggiare rischi crescenti. Naturale, quindi, orientarsi verso le azioni, anche se negli Stati Uniti e in Europa restano care rispetto alle valutazioni storiche. “Le differenze fra le ripartizioni settoriali degli indici statunitensi ed europei creano un effetto distorsivo; le azioni europee, che sembrano meno care rispetto a quelle statunitensi, presentano in realtà un prezzo equivalente se si ricalcolano questi indici partendo da identici pesi settoriali” si legge nell’ultimo rapporto sulla strategia di investimento di gennaio di Oddo Asset Management, casa d’investimento d’Oltralpe che suggerisce di trovare delle idee (settori o titoli) anziché scommettere indiscriminatamente su una zona.
Eccone alcune, per investire nei principali listini del Vecchio Continente: i ciclici, secondo Oddo AM, dovrebbero essere favoriti dalla rivalutazione attesa degli utili dopo un 2014 gratificante per i settori difensivi. Un’altra opportunità è offerta dalle società immobiliari, soprattutto se si considerano i rendimenti assoluti: lo spread di rendimento fra le attività immobiliari e i tassi di interesse senza rischio non è mai stato così elevato (dal 4 al 7% a seconda dei segmenti), fa notare la casa d’investimento francese. Da tenere sott’occhio, inoltre, le società esportatrici (soprattutto quelle quotate a Francoforte), che dovrebbero beneficiare della diminuzione di valore dell’euro e del forte sviluppo degli USA, e le società a medio - alta capitalizzazione, che dovrebbero godere di un effetto recupero rispetto alle piccole società che avevano ottenuto una sovraperformance nel 2014.
Quanto al reddito fisso, i tassi sovrani europei, trainati dal programma di acquisto titoli della Bce, dovrebbero offrire ancora un elevato potenziale, anche se Oddo AM preferisce, al momento, tenersi lontana dalla Grecia e dal Portogallo. Chi va a caccia di rendimento, dovrebbe puntare soprattutto sui titoli B del segmento “high yield”, che sono stati trascurati nella seconda parte del 2014, determinando così un aumento dei premi di rischio, oggi storicamente elevati rispetto alla categoria BB.
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