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Mercati emergenti: la debolezza russa non è fragilità

11/10/2014

Oggi Mosca ha ampie riserve di valuta estera e un debito contenuto: può sopportare il costo della situazione geopolitica, spiega Marcus Svedberg, capo economista di East Capital


Gli incredibili eventi geopolitici dell’anno passato hanno fatto sì che tutte le previsioni sull’economia russa si rivelassero decisamente errate. Il conflitto in Ucraina ha intensificato il trend generale di ribasso causato dal rallentamento strutturale. Ma attenzione: la debolezza dell’economia russa non implica una fragilità finanziaria. Ne è convinto Marcus Svedberg (nella foto), capo economista di East Capital.  “Ci sono attualmente due fattori principali che guidano l’economia russa: la situazione geopolitica e il rallentamento strutturale che si sta verificando ormai da un più lungo periodo" ha detto Svedberg nel corso di una presentazione a Mosca. "Innanzitutto il mercato russo in generale è guidato da fattori macroeconomici e, nello specifico, dall’attuale situazione geopolitica. In secondo luogo, la mancanza di riforme strutturali ha causato per diversi anni il rallentamento dell’economia”.
 
A oggi dall’inizio dell’anno, sia il rublo che l’indice azionario hanno perso quasi il 25% del loro valore. “Nei primi due mesi dell’anno – prima della situazione in Ucraina – abbiamo osservato un calo significativo del mercato" ha spiegato Svedberg. "Vi è stata una generale tendenza al ribasso sui mercati emergenti dove molte valute si sono indebolite, tra queste il rublo russo. Nelle prime due settimane di marzo la crisi ucraina ha innescato consistenti vendite sul mercato russo, seguite da un periodo di ripresa dovuto probabilmente a elezioni relativamente tranquille in Ucraina e alla debolezza delle sanzioni imposte alla Russia. In realtà, fino all’inizio di luglio il mercato si è comportato quasi come se la crisi ucraina non fosse mai avvenuta. “Poi però l’aereo MH17 è precipitato e si è assistito a una rinnovata debolezza" ha detto Svedberg. "Nello stesso periodo abbiamo anche osservato l’effetto della diminuzione del prezzo del petrolio che ha influenzato negativamente il mercato. È stato quindi un anno molto volatile”.

 
La dipendenza economica della Russia sugli alti prezzi del petrolio è ben nota. Dopo due anni di stabilità, a fine giugno, il prezzo è calato di 20 dollari. “Ritengo che questo sia avvenuto perché il dollaro USA si è apprezzato e perché sia gli USA che i Paesi OPEC a settembre hanno aumentato la loro produzione. Normalmente, quando le scorte di petrolio aumentano, l’Arabia Saudita mitiga la discesa del prezzo il prezzo ma in questo caso non l’ha fatto e il motivo è tuttora tema di discussione e di teorie di complotto”.
 
La situazione geopolitica ha inoltre incrementato l’incertezza, riducendo ulteriormente gli investimenti necessari. Per cause strutturali, nel lungo periodo, sul mercato russo permane molta incertezza. “Le motivazioni di lungo termine del rallentamento russo sono riconducibili alla mancanza di riforme. L’economia russa è cresciuta di circa il 5% nel 2011 e da allora ha rallentato fino all’1%. Ora è probabilmente vicina allo zero. La ragione principale di questo rallentamento è dovuta alla mancanza di investimenti da parte delle società russe. Una situazione che continua da diverso tempo. Tra le altre cose è necessario migliorare il clima d’investimento, ridurre la corruzione e la burocrazia.”
 
Secondo Marcus Svedberg, anche se l’economia russa è strutturalmente debole non è fragile dal punto di vista finanziario. “Alla fine degli anni '90, la Russia era finanziariamente fragile. Il debito era a livelli europei e le riserve in valuta estera erano piuttosto basse. Da allora sono state implementate politiche macroeconomiche molto responsabili supportate dagli alti prezzi del petrolio. Oggi la Russia ha ampie riserve di valuta estera e un debito contenuto che fanno sì che possa sopportare il costo della situazione geopolitica. Questo significa inoltre che le sanzioni non funzioneranno perché la Russia è forte finanziariamente ed è guidata da politici molto apprezzati dai cittadini. Nella migliore delle ipotesi le sanzioni non saranno molto efficaci, non modificheranno l’atteggiamento russo e potrebbero, invece, avere l’effetto opposto. La Russia sta diventando più nazionalista. È ironico che gli stessi russi abbiano introdotto le sanzioni più rigide”.
 
“Due fattori guideranno la situazione nel prossimo anno. Il primo determinato da ciò che accadrà in Ucraina, dove lo scenario migliore a mio parere è il ridimensionamento del conflitto" dice Svedberg. "Il secondo fattore è il prezzo del petrolio. L’ipotesi più probabile è che si stabilizzerà tra i 90 e i 100 Dollari. Se la situazione in Ucraina migliora alcuni di questi fattori potrebbero volgere in positivo – con un’inflazione più bassa e una diminuzione dei rendimenti obbligazionari. Tuttavia, dubito che torneremo alla situazione di inizio anno”.
 
“Lo scenario a 3-4 anni dipende molto dalle riforme strutturali. Credo che la crescita rimarrà probabilmente al di sotto di quella potenziale, che ritengo essere al 5%. Penso invece che vedremo una crescita del 2-3%, guidata principalmente dai consumi" ha detto il capo economista. "Una disoccupazione che continua a essere bassa e la diminuzione dell’inflazione aiuteranno a sostenere i consumi. In ogni caso gli investitori aspetteranno le riforme strutturali e una stabile risoluzione della situazione ucraina prima di tornare a fidarsi del mercato russo. I cambi strutturali sono fondamentali perché la Russia continui a crescere”.
 

 

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