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8/25/2014 | Massimo Morici
L’euforia per i mercati emergenti è finita. E' terminata lo scorso anno, dopo la fuga in massa da questa asset class a seguito dell’annuncio della riduzione dello stimolo monetario da parte della Fed. Così, il ritorno su questi mercati, cui abbiamo assitito negli ultimi mesi di quest'anno, si preannuncia più ordinato. "Gli investitori sono molto più critici e la differenziazione tra paesi oggi è un aspetto molto più importante di quanto lo era prima, soprattutto tra i paesi che hanno bilanci solidi, fondamentali buoni o si trovano in una situazione avvantaggiata rispetto agli altri" spiega Raoul Luttik (nella foto), lead portfolio manager del fondo Emerging Markets Debt Local Currencies di Neuberger Berman (314 milioni di dollari in AUM), un fondo obbligazionario che adotta una strategia di investimento in grado di selezionare titoli di debito dei mercati emergenti per ottenere una crescita del capitale sul lungo periodo.
AdvisorOnline.it lo ha incontrato di recente a Milano, in occasione di una serie di incontri del gestore con alcuni clienti istituzionali. Luttik, che coordina un team di 24 specialisti, quasi tutti entrati nel maggio del 2013 da ING pochi mesi prima del lancio del fondo in valuta locale, il 28 giugno del 2013, utilizza un approccio agli investimenti top down concentrandosi, in particolare, sui parametri macroeconomici e politici per misurare la stabilità finanziaria dei paesi emittenti, un punto di vista in grado di dare valore aggiunto indipendentemente dall'andamento dei mercati. Di sua competenza è anche il fondo Emerging Markets Debt Blend, il cui 50% è investito in valuta locale, e recentemente distribuito anche in Italia.
"Un altro elemento da considerare quando si investe nei mercati emergenti – prosegue Luttik - è il tema della crescita globale: vi sono alcuni paesi che potranno beneficiare in particolare dalle esportazioni, come Corea, Taiwan, o tra i paesi più vicini, la Polonia e la Turchia. Considerando i principali paesi esportatori di materie prime, che negli ultimi anni hanno sofferto il rallentamento della domanda cinese, primo importatore al mondo, nei prossimi anni hanno buone chance di crescita quelli in cui si estraggono materie prime di qualità, come il Sud Africa". Il fondo, in particolare, quest’anno ha incrementato le posizioni verso paesi asiatici che stanno beneficiando dalla crescita delle esportazioni come Filippine e Malesia, verso il Brasile, che mostra tassi interessanti, mentre in Europa le preferenza sono andate all’Ungheria e Romania.
Le ragioni per tornare su questa asset class, assicura il gestore, non mancano. A partire dai prezzi. “Rispetto al 2013 - sottolinea Luttik - i titoli di debito dei paesi emergenti stanno tornando ad invogliare sempre più investitori: non sembrano più troppo costosi, soprattutto se si considerano altre asset class, che hanno fatto bene, ma stanno diventando troppo affollate, come i paesi periferici e i titoli high yield dei paesi sviluppati". Parlando del rischio politico, una delle principali preoccupazioni per chi investe in queste aree, secondo Luttik c'è, ma non è alto: le elezioni che si sono tenute o si terranno (in Brasile in autunno), anche perché in alcuni casi hanno dato risultati positivi per i mercati, come in India. Passando alla crisi tra Russia e Ucraina, Luttik ricorda che avrà un impatto soprattutto sulle economie dell’Est Europa maggiormente connesse con Kiev, come la Polonia, mentre il fondo ha ridotto le posizioni denominate in rublo.
Il fondo, invece, mostra un'esposizione alle valute emergenti superiore al benchmark nel caso del peso messicano, zloty polacco, ringgit malesiano e fiorino ungherese (fonte Neuberger Berman al 30 giugno 2014). La strategia del fondo è a duration moderata (5 anni) e, a seconda dei paesi, è maggiore rispetto al benchmark verso il Messico (0,82), il Sud Africa (0,60), la Tailandia (0,58), la Russia (0,50), il Brasile (0,46), la Turchia (0,45) e l'Ungheria (0,37).
Nell'analisi del credito in un universo che abbraccia quattro continenti, la squadra di gestori di Neuberger Bergman, specializzata nel debito dei mercati emergenti e guidata dagli ex head ING Rob Drijkoningen e Gorky Urquieta, prende sul serio l'economia sostenibile e rispetta i principi per gli investimenti responsabili. Come? Nel modello proprietario di Neuberger Bergman i fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) valgono per il 40% sul voto finale assegnato a ogni paese: prima di comprare un bond, insomma, i gestori valutano la capacità di un governo di affrontare le sfide economiche, la qualità dei regolatori dei mercati (gli arbitri), la stabilità politica, la presenza di leggi in grado di far prosperare le attività economiche, il livello di corruzione e trasparenza, la stabilità del sistema bancario, l'accesso di un paese alle risorse finanziarie.
L'altro 60% del giudizio dipende dai più "tradizionali" fattori macroeconomici, quali la crescita del Pil reale, il debito estero in percentuale del Pil e il saldo delle partite correnti in percentuale del Pil. Così, scorrendo le pagelle di Neuberger Bergman, stilate negli ultimi tre anni (da geannio 2010 a luglio 2013), scopriamo i paesi che hanno compiuto i maggiori progressi: sono quelli dell'Europa dell'Est e dell'Asia minore, come la Turchia di Erdogan, la controversa Ungheria di Orban, la Lituania, la Romania e in Africa la Costa d'Avorio. Quelle che sono peggiorate di più, invece, sono alcune economie travolte dalla Primavera araba (Egitto e Giordania), mentre tra i Bric, che sono tutti leggermente peggiorati, spiccano il Brasile e l'India.
CHI E' RAOUL LUTTIK
Nato nei Paesi Bassi, 45 anni, si è laureato all'università di Groningen. Ha iniziato la sua carriera come specialista nel reddito fisso e nel mercato monetario nei fondi pensione in Olanda per poi passare a ING che ha lasciato nel 2013 per entrare in Neuberger Berman.
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