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Le spinte deflazionistiche si stanno allontanando?

6/24/2014

La seconda metà del 2014 potrebbe produrre una crescita più forte ed un’inflazione più alta nei mercati sviluppati, spiega Jon Jonsson, senior portfolio manager Global Fixed Income di Neuberger Berman


La seconda metà del 2014 potrebbe produrre una crescita più forte ed un’inflazione più alta nei mercati sviluppati, una brutta combinazione per il rischio durata dato che i rendimenti obbligazionari sono in generale sui minimi e le aspettative inflazionistiche restano tenui. Di seguito un commento a cura di Jon Jonsson, senior portfolio manager Global Fixed Income di Neuberger Berman.
 
Tre anni di spinte deflazionistiche hanno contribuito a portare i rendimenti obbligazionari e la volatilità a livelli minimi. Tuttavia i recenti dati economici, che incorporano il sondaggio favorevole del Purchasing Managers Index ed una solida crescita nella manifattura, indicano una potenziale accelerazione della crescita che riteniamo potrebbe essere confermata dai dati che verranno divulgati nelle prossime settimane. Inoltre, i cambiamenti nella politica monetaria ed una ripresa dei prezzi delle commodity suggeriscono che l’inflazione potrebbe raggiungere il minimo quest’estate per poi accelerare nella seconda metà del 2014. Questo ritorno rappresenterebbe un cambiamento radicale rispetto alla tendenza a cui abbiamo assistito nell’arco degli ultimi tre anni. 
 
Dal nostro punto di vista, la caduta dell’inflazione in questo periodo è stata dovuta in larga parte ad una diminuzione nei prezzi delle importazioni visto che le commodity sono state vendute oltre il 25% in tre anni e le valute negli Usa, Europa e Gran Bretagna si sono riprese. In precedenza, l’inflazione è stata sostenuta nei mercati chiave attraverso il deprezzamento della valuta, associato ad azioni di allentamento monetario. Dopo che le banche centrali hanno rallentato o esaurito l’espansione dei loro bilanci, le valute di questi Paesi hanno riguadagnato terreno e hanno spinto l’inflazione ai minimi. 
 
Questa influenza sta ora svanendo e, secondo noi, è probabile sia arrivata al termine poiché le valute si sono stabilizzate e sono rimaste in un range ristretto per la maggior parte di quest’anno. L’incremento del 15% del prezzo delle commodity quest’anno suggerisce l’uscita di scena di un altro fattore che sosteneva la deflazione. Queste tendenze hanno chiaramente influenzato la Banca Centrale Europea, come indicato dal presidente Mario Draghi a marzo, quando ha affermato: “Il rafforzamento del tasso di cambio effettivo dell’euro… ha certamente avuto un impatto significativo sul nostro basso tasso di inflazione e, dati i livelli attuali dell’inflazione, sta quindi diventando sempre più importante nella nostra valutazione sulla stabilità dei prezzi”.
 
Da quel momento la BCE si è mossa di un altro passo verso l’allentamento monetario. Nel meeting di inizio giugno mi aspettavo che la banca centrale tagliasse i suoi tassi di rifinanziamento e deposito, portando l’ultimo in territorio negativo e che espandesse il suo bilancio in modo consistente nello sforzo di indebolire ulteriormente la valuta. Nel corso dell’estate e nella seconda metà del 2014 pensiamo che gli investitori obbligazionari potrebbero essere colti di sorpresa dalla combinazione di una crescita più sostenuta e dal cambiamento verso un’inflazione più elevata anche se prevediamo soltanto un modesto aumento dei prezzi. Per equilibrare il portafoglio quest’anno siamo cauti sulla duration e privilegiamo la ricerca di opportunità oltre l’approccio di investimento tradizionale legato al benchmark visto che le strategie orientate al benchmark sono spesso esposte ai debitori e possono essere poco efficienti se i tassi di interesse dovessero salire.

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