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8/27/2012 | Redazione Advisor
Non tutto è spazzatura, sembra suggerire Bob Veres, guru degli advisor americani, nella sua analisi di financial planning: "Partiamo sempre da alcune congetture, con delle supposizioni, ma non ci rendiamo conto che, spesso, le cose da buttare possono essere implementate, fino a scommetterci su".
Basti pensare all'asset allocation: "Credo che tutti noi abbiamo potuto osservare i consulenti (ex-promotori) indirizzare i loro clienti verso differenti asset class. Secondo una classifica, il 7,3% del portafoglio del cliente si compone di azioni emergenti, il 4,2% è investito in obbligazioni di mercati emergenti, per non parlare di una eguale ripartizione dell'allocation fondata su large cap, midcap e small cap equities".
Secondo l'analista Bill Reichenstein, la "vera asset allocation" dovrebbe essere misurata in termini di "che cosa il cliente possiede". Ecco perché, stando a Veres, uno dei punti chiave dei clienti sta nell'individuare il "quanto a lungo il cliente vivrà". Oggigiorno è sempre più difficile prevederlo, ma di fatto là dove c'è ricchezza c'è benessere, e negli Stati Uniti questo significa soprattutto un'assistenza sanitaria garantita ed adeguata.
"Gli advisor forse stanno sopravvalutando quanto le persone abbiano bisogno di risparmiare così da permettersi una buona pensione" dice Veres. Specialmente in America: "Il mercato statunitense non è più un mercato 'caldo', non è più in una posizione di dominio e prestigio. Per il 2050 potremmo attenderci un U.S. share di capitalizzazione del mercato globale in caduta del -17% da un picco di 70% ottenuto nella metà degli anni Settanta.
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