Perché l'intero mercato finanziario nelle economie emergenti spesso va a picco proprio quando i paesi industrializzati vivono situazioni drammatiche? Questa è una delle tante domande che gli utenti rivolgono a Mark Mobius, executive chairman di Franklin Templeton Emerging Markets Group.

 

Il guru dei mercati emergenti risponde a tono: "Attualmente la quantità di denaro che America ed Europa hanno investito ed investono sui mercati emergenti ha un peso maggiore rispetto a quello degli investitori domestici sulle giovani economie Bric". Ma la percentuale si sposta di volta in volta che gli investitori accumulano ricchezza e diventano più focalizzati sui propri mercati locali. I mercati emergenti vengono ancora percepiti come un luogo 'lontano da casa', rischioso, quindi si teme che qualsiasi impatto negativo torni triplicato all'investitore degli emergenti. "Le attitudini dell'investitore globale stanno cambiando, perché ci si rende conto che la maggior parte dei mercati emergenti è in rapida crescita, hanno riserve valutarie straniere e un rapporto debito/pil più basso, mentre nei restanti mercati questo aumenta all'infinito". 

 

Sul tema commodities, Mobius si dice ancora "ottimista", soprattutto per quelle a lungo termine nonostante sia sotto gli occhi di tutti la volatilità. "Il greggio diventa sempre più costoso e difficile da trovare, lo stesso vale per l'oro. Allo stesso tempo, la domanda cresce, e crescerà anche quella del platino e del palladio. Perché importanti sia sul fronte gioielli che su quello dei convertitori catalitici". Mobius, infine, spiega che non va considerata la volatilità nella sua corsa "short-term": ci saranno sempre in questo periodo buone possibilità di guadagno e di crescita. Quello che conta è impregnassi a ragionare, in termini di investimenti, con una mente a lungo termine.