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Rivoluzione advisor

1/24/2011 | Andrea Giacobino


L’anno che si apre si annuncia denso di incognite. Il 2010 si è chiuso con una crescita globale complessiva del 5%, ottenuta ad un ritmo più accelerato di quanto si poteva prevedere 12 mesi fa. Molti dei pericoli che hanno spaventato i mercati finanziari non si sono materializzati tanto che l’economia cinese non è atterrata bruscamente, il rallentamento di quella americana non si è tramutato in una recessione e l’Eurozona, sia pure alle prese con problemi reali (culminati nei salvataggi di Grecia e Irlanda) sta mostrando un soddisfacente grado di tenuta, grazie sopratutto alla buona performance della Germania. I segnali di fiducia che giungono al mondo dei consumatori e delle imprese si sono tradotti puntualmente sui mercati finanziari tanto che da luglio dello scorso anno l’indice globale Msci è rimbalzato del 20%, grazie ad una cavalcata che ha ricacciato sul fondo le ansie relative ai problemi del debito pubblico dell’eurozona e al possibile ritorno dell’inflazione nella terra del Drago. E l’S&P 500 pochi giorni prima di Natale ha recuperato tutto ciò che aveva perso dal crack di Lehman Brothers.
Tutto bene, quindi per il 2011? Possiamo brindare al nuovo anno nel segno dell’ottimismo perché siamo davvero usciti dall’emergenza della grande crisi finanziaria che ha stretto i mercati in una morsa da metà del 2007? In una recente intervista al “Financial Times” Mario Draghi, governatore di Banca d’Italia e presidente del Financial Stability Board, ha ammonito gli operatori a non abbassare la guardia perché la guerra contro la crisi sarà ancora lunga. “L’idea - ha detto - che si possa uscire rapidamente da uno shock finanziario è semplicemente un non senso”. Il pericolo maggiore che si annida tra le pieghe dei brindisi del Capodanno è che le tre grandi aree economiche mondiali (America, Europa e paesi emergenti) registrino andamenti sempre più divergenti fra loro, con il rischio di inevitabili frizioni che non potrebbero non riflettersi sui prezzi degli asset finanziari. Un dato su tutti: nei prossimi 5 anni le economie emergenti rappresenteranno oltre il 50% della crescita globale ma soltanto il 13% dell’aumento del debito netto complessivo. Il mondo corre il rischio di spaccarsi sempre di più fra un Occidente indebitato e un Oriente prospero.

Cosa c’entra tutto questo con il mestiere dei consulenti finanziari (ex-promotori finanziari), dei consulenti indipendenti o dei private bankers sulle cui attività dal 2011 vigilerà il nuovo presidente Consob Giuseppe Vegas? C’entra moltissimo. Da tanto tempo, forse troppo, gli advisor italiani esigono di essere trattati in modo diverso sia dalle società mandanti sia dalla clientela finale. Non sono, dicono, più e soltanto dei semplici venditori di fondi, etf, polizze o soluzioni pensionistiche che rispondono alla mera logica del raggiungimento del budget imposto dalle direzioni commerciali delle reti; ma hanno l’ambizione di essere riconosciuti come consulenti a tutto tondo, veri e propri “financial planner” che sanno rispondere con soluzioni su misura ai bisogni del singolo o di un nucleo familiare. Qualche segnale di riscossa si è già visto perché nel 2009, come recentemente testimoniato da Banca d’Italia nella sua indagine sulla ricchezza degli italiani, lo stock di portafoglio allocato nei fondi comuni ha avuto una ripresa a 186,2 miliardi di euro dai 159,7 del 2008, pur in un anno contrassegnato dalla ricomposizione degli asset delle famiglie verso forme di investimento più liquide (depositi in c/c e risparmio postale).
Le incognite che continuano a gravare sui mercati finanziari esigono oggi più che mai che i consulenti, per ottenere questo riconoscimento, cambino passo.

Accelerare la mutazione genetica della professione significa accrescere il numero delle competenze, disporre di una conoscenza sempre più puntuale e approfondita dei prodotti finanziari, creare con il cliente un meccanismo virtuoso di domanda/offerta. Porre al centro dell’offerta di servizi finanziari il “life cycle” del risparmiatore, ad esempio, è uno dei primi passi perché il consulente finanziario (ex-promotore finanziario) non sia più considerato da chi lo assume e da chi se ne serve poco più di un piazzista di spazzole, ma col vestito grigio.
È urgente poi un costante ammodernamento degli strumenti della professione, per restare al passo con i tempi frenetici della pervasiva rivoluzione tecnologica.
A questo serve il nuovo ADVISOR che trovate in edicola e che non a caso vi riflette in copertina con il display di un laptop. Il mensile che trovate in edicola, infatti, forte della sua autorevolezza nel settore e della leadership fra gli operatori costruita negli ultimi sei anni, si inserisce nel nuovo progetto di comunicazione integrata tra la carta e una piattaforma Web dedicata (www.advisoronline.it) offerto dal nuovo editore.
L’informazione per chi fa consulenza finanziaria, infatti, è oggi accessibile con strumenti diversi (iPhone, iPad, video, ecc...) che, assieme alla carta e alla Rete consentono a una professione così importante come quella dell’advisor di specializzarsi ancora di più. Così si può fare comunità e “riconoscersi” ancor prima di essere “riconosciuti” dalle società mandanti e dai clienti. In questo senso il 2011 si annuncia, per il mondo della consulenza finanziaria, come un anno rivoluzionario: e il nuovo ADVISOR ne porterà la bandiera.

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