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10/19/2024 | Francesco D'Arco
“Nel 2022 più della metà delle famiglie ha avuto un risparmio nullo: questa quota sale al 70 per cento per le famiglie appartenenti al quinto più basso della distribuzione del reddito e scende al 28 per quelle appartenenti al quinto più alto. La ricchezza media a prezzi costanti è aumentata dell’1,8 per cento rispetto al 2020; quella mediana è invece diminuita del 2 per cento. La quota detenuta dal 10 per cento più abbiente è salita di circa 2 punti percentuali, al 52 per cento”.
È questa la fotografia che emerge dall’Indagine sui bilanci delle famiglie diffusa il 16 ottobre 2024 dalla Banca d’Italia. Seppure relativa al 2022, l’analisi è un’occasione importante per inquadrare la reale distribuzione della ricchezza tra le famiglie italiane. Ma anche il reale andamento di tale ricchezza che, come detto subito, è stato praticamente “nullo” per più della metà delle famiglie italiane. Fanno eccezione le famiglie “più abbienti” e una motivazione risiede nella composizione del portafoglio delle attività finanziarie detenute da questo gruppo di soggetti.
“La quota di famiglie che detenevano attività finanziarie alla fine del 2022 era pari al 92 per cento, in linea con la precedente rilevazione: il valore medio familiare delle attività finanziarie era pari, tra chi le possedeva, a circa 62.400 euro” si legge nel fascicolo a firma Banca d’Italia. “La distribuzione delle attività finanziarie è rimasta più concentrata di quella della ricchezza netta: quasi i due terzi delle attività finanziarie erano detenuti dai nuclei appartenenti al 10 per cento più ricco mentre il 10 per cento delle famiglie più povere ne deteneva solo lo 0,1 per cento. Ai divari nella quota di ricchezza finanziaria detenuta si associano portafogli con composizione molto diversa. Le famiglie appartenenti al decimo più povero possiedono quasi esclusivamente depositi, mentre quelle appartenenti al decimo più abbiente affidano la gestione di una parte cospicua delle loro attività finanziarie a operatori professionali e detengono direttamente azioni. Questa diversificazione consente una maggiore protezione dall’inflazione come quella particolarmente elevata realizzatasi nel corso del 2022”.
Ma se guardiamo ancora più nel dettaglio i dati relativi alla composizione del portafoglio delle famiglie italiane, divise in 10 sottoinsiemi, solo il 10° decimo, che riunisce i patrimoni più elevati d’Italia, vede una struttura con un livello di liquidità che potremmo definire equilibrato (24,6% depositi, 40% strumenti gestiti, 15,9% azioni, 3,6% obbligazioni, 5,1% Titoli di Stato), tutti gli altri gruppi hanno un portafoglio ancora nettamente dominato da depositi bancari e postali in conto corrente e a risparmio, certificati di deposito, pronti contro termine e buoni fruttiferi postali: si va dal 58,4% in depositi del 9° decimo (famiglie abbienti), al 99% del 1° decimo.
E gli investimenti in azioni e strumenti gestiti crollano notevolmente se si esclude il 10° decimo della popolazione (i super-ricchi): lato azioni si arriva a un massimo investimento del 3,7% per il 9° decimo, lato strumenti gestiti si oscilla tra un 10% e un 20%, con la sola eccezione sempre del 9° decimo che arriva al 26,4%. Ritorna così alla mente il recente monito di Mario Draghi all’Europa: l’incapacità di trasformare il risparmio in investimenti ad alto rendimento. Il rischio è che questa incapacità si traduca, nel lungo periodo, in una crescita zero per la ricchezza delle famiglie italiane.
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