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5/7/2022 | Francesco D'Arco
Le reti di consulenza finanziaria crescono senza sosta da almeno un decennio. L’ultima conferma arriva dall’Osservatorio di Reply Wealth Management che rivela che tra il 2012 ed il 2021, a fronte di un incremento nel numero dei consulenti finanziari di circa 3.300 unità, le masse complessive gestite hanno avuto un incremento consistente (+529 miliardi). Il tutto arrivando a servire quasi 1.400.000 famiglie in più rispetto a quelle servite alla fine del 2012. Ora cosa dobbiamo aspettarci?
Ci vengono incontro sempre i numeri che indicano le opportunità di crescita ancora esistenti. Ma anche i limiti che l’industria deve superare per cogliere queste opportunità. Andiamo con ordine. Lato opportunità, l’ultimo World Retail Banking Report 2022 pubblicato da Capgemini ed Efma conferma che le banche tradizionali sono lontane dal riuscire a frenare la fuga di professionisti e clienti verso le reti. Secondo la ricerca, per il 95% dei dirigenti bancari a livello globale i sistemi legacy obsoleti e le piattaforme core sono un ostacolo all’ottimizzazione dei dati e alle strategie di crescita incentrate sul cliente. Non solo. Il 75% dei clienti intervistati afferma di essere attratto dai servizi delle FinTech, più versatili e vantaggiosi. Inoltre, quasi la metà degli intervistati sostiene che le attuali relazioni con la banca non siano né gratificanti (49%) né emotivamente coinvolgenti (48%), mentre il 52% ritiene che l’esperienza offerta non sia “divertente”.
Con questa fotografia è facile immaginare che le reti possano ancora sfruttare il vantaggio competitivo e attrarre nuovi clienti e professionisti da quel settore. A condizione che affrontino due grandi sfide: passaggio generazionale e diversity. I numeri, anche in questo caso, non lasciano spazio a interpretazioni. Ad oggi il 61,5% degli iscritti all’albo dei consulenti finanziari ha più di 50 anni, il 27,2% ha tra 40 e 50 anni, solo il 9,3% ha tra 30 e 40 anni e il 2% ha meno di 30 anni. E non si vedono trend concreti di inversione di tendenza. E per quanto riguarda il tema diversity, l’industria della consulenza finanziaria vede ancora una quota di donne iscritte all’albo che non supera il 21,7%. E il trend inverso non sembra partito.
Eppure in altri ambiti professionali, assimilabili per difficoltà di avvio dell’attività e per caratteristiche contrattuali, i numeri, quando si parla di giovani e di donne, cambiano: se si guarda all’albo nazionale dei commercialisti si registra una percentuale di iscritti con meno di 40 anni pari al 18% del totale, e le donne raggiungono quasi il 35%. Nel mondo degli avvocati le donne raggiungono il 48% del totale e, se si guarda ai soli praticanti, si arriva al 61% del totale. La sensazione che l’industria non sia ancora riuscita a rendere appetibile la professione del consulente finanziario agli occhi di un giovane e/o di una donna è alta. Servono azioni concrete. Se non fosse altro per sfruttare le grande opportunità di business che le banche tradizionali stanno lasciando al mercato delle reti.
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