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7/15/2017 | Francesco D'Arco
"Le novità normative che disciplinano l’attività dell’Organismo connotano sempre di più il ruolo dello stesso verso una funzione di responsabilità istituzionale a servizio del cittadino e della Costituzione per preservare l’importante valore della tutela del risparmio, tenendo presente che l’interesse di cui l’Organismo si fa portatore riguarda la cura del rapporto tra consulente e risparmiatore e soprattutto la tutela e la protezione dell’investitore retail”. Le parole del presidente dell’Organismo di vigilanza e tenuta dell’Albo Unico dei Consulenti Finanziari, Carla Rabitti Bedogni, ben sintetizzano la grande sfida della vigilanza che il mondo della consulenza finanziaria dovrà affrontare. Ma che non si riduce a una semplice azione “meccanica” di controllo degli iscritti all’albo, bensì a una presa di “responsabilità” che va oltre lo stesso Organismo e che riguarda anche le reti e, non ultimi, i consulenti finanziari chiamati ad assumere un ruolo sempre più “maturo” come affermato dalla stessa Rabitti Bedogni.
È il momento di mostrare maggiore consapevolezza del proprio ruolo e di farsi carico del grande principio che accompagna la Mifid II e non solo: la tutela e la protezione dell’investitore retail.
Le reti e i consulenti finanziari sono chiamati a guardare oltre il loro normale orizzonte. Serve oggi una nuova sensibilità che deve abbattere l’ultimo grande rischio che si nasconde dietro allo sviluppo della consulenza finanziaria: l’abbandono delle fasce di clientela con redditi medio-bassi.
Sotto la spinta della prima Mifid l’industria ha perseguito l’obiettivo di creare le condizioni per cui la consulenza finanziaria potesse essere retribuita. Un obiettivo che ha portato tutto il settore a concentrarsi sui grandi patrimoni, lasciando il target retail o affluent in balia di altri operatori, in primis dei “robo-advisor” sempre più frequentemente indicati come un “pericolo” dal mondo delle reti. Ma sempre più cercati da quella fascia di clientela che non è in grado di superare la barriera economica che oggi la separa da un servizio di consulenza finanziaria “umana”.
Senza entrare nel merito della regolamentazione che oggi accompagna l’offerta di un servizio di consulenza automatizzata, la soluzione, guardando lo sviluppo del fintech, non è certo quella di demonizzare un’evoluzione che non può essere né evitata, né frenata (una recente indagine firmata GfK rivela che un terzo degli italiani ha ammesso di fare fatica a prendersi una pausa dalla tecnologia, a dimostrazione del grande appeal che un’offerta innovativa ha sui cittadini, ndr). La soluzione è parlare ad una platea più ampia di clienti per diffondere la consapevolezza che la tecnologia è utile ma non è sempre l’unica soluzione possibile.
Oggi il fintech è in grado di rispondere alle esigenze dei clienti offrendo la risposta ideale alle domande dei risparmiatori. E il consulente finanziario farà fatica a competere su questo stesso piano. La vera sfida del consulente non sarà più quella di offrire al cliente le soluzioni ai problemi che gli vengono posti, ma rivelare al cliente i suoi reali problemi.
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