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Il pentimento del pf, il perdono del cliente

4/27/2011 | Giuseppe G. Santorsola

Negli ultimi anni i consulenti finanziari (ex-promotori finanziari) si sono trovati in condizioni di dover giustificare la ragione di soluzioni e risultati non soddisfacenti. Tale effetto può essere determinato dall’errore nell’asset allocation oppure da errori nell’asset management.


Negli ultimi anni i consulenti finanziari (ex-promotori finanziari) si sono trovati in condizioni di dover giustificare la ragione di soluzioni e risultati non soddisfacenti. Tale effetto può essere determinato dall’errore nell’asset allocation oppure da errori nell’asset management. 
Nel primo caso possiamo immaginare che le colpe siano riconducibili ad errata mappatura del cliente (ricade nella responsabilità dell’azione consulenziale del consulente (ex-promotore)), oppure in una errata trasmissione delle caratteristiche di rischio-rendimento, rilevate al momento del contatto, nella trasmissione all’intermediario. Un errore generato dal diverso approccio tecnico utilizzato nella fase commerciale, in termini di rilevazione dei bisogni e di determinazione del corretto timing delle scadenze preferite dal cliente, rispetto alla comunicazione ai desk operativi di tali caratteristiche. 
Il cliente ragiona in termini di bisogno di recuperare la liquidità relativa al proprio investimento, di probabilità di dover forzatamente modificare l’orizzonte temporale originario, oppure del manifestarsi di ulteriori sollecitazioni a investire. Il gestore riceve informazioni grezze tradotte in termini di duration e volatilità (concetti non semplici per molti sottoscrittori) e decide la scelta di portafoglio in ragione del messaggio ricevuto ritenendolo non modificabile nel tempo. Ne consegue che eventuali variazioni sollecitate dal cliente, per sopraggiunti diversi bisogni, possono cogliere il portafoglio (o sue parti) in fasi di mercato non favorevoli. In tal caso è evidente che la “colpa” della modifica sia assegnabile al cliente (tralasciando l’ipotesi che il consulente (ex-promotore) possa avere forzato scelte più rischiose sottovalutando il mutabile atteggiamento del cliente). La frequenza di tali comportamenti ondivaghi è così probabile che un buon consulente (ex-promotore) deve prevederle, soprattutto quando si opera su componenti del risparmio non consolidate più spesso modificabili in modo improvviso, al sorgere di normali esigenze di cassa.
Nel secondo caso invece l’errore nella gestione del portafoglio travalica la relazione consulente (ex-promotore)-cliente, ma impatta ugualmente sul rapporto fiduciario con l’aggravante che coinvolge un terzo soggetto. Ovviamente tale considerazione esclude l’ipotesi (più vicina all’attività di consulenza) che il consulente (ex-promotore) sia direttamente coinvolto a vario titolo nel momento della gestione (soprattutto nelle sim di minore dimensione o indipendenti rispetto ai fornitori dei prodotti). È statisticamente riscontrabile che i risultati delle gestioni sono frequentemente insoddisfacenti sia per effetto di errori, sia per l’incertezza dei mercati sia per i costi impliciti del lavoro di gestione sia per l’incapacità di offrire un premio adeguato rispetto al rischio prospettato. Spesso, inoltre, le società di gestione maggiori attuano politiche non molto personalizzate e piegano le caratteristiche dei clienti minori a scelte standard, infelici rispetto ai bisogni: i portafogli minori sono più spesso accantonati dopo la fase di asset selection e vengono riconsiderati solo dopo la lamentela a seguito di rendicontazioni insoddisfacenti. Le statistiche disponibili evidenziano minori reclami nel caso dei portafogli più consistenti. Sorge allora, in entrambi i casi tracciati la necessità di ricorrere alla riconquista del cliente sia sotto il profilo comportamentale sia sotto quello gestorio, amplificando il rischio complessivo della relazione.
I consulenti (ex-promotori) e gli intermediari mandanti hanno finora investito poco in questa direzione lasciando troppo campo all’iniziativa individuale e poco alla costruzione di modelli di intervento che creino un rapporto con attenzioni sistematiche e soprattutto con interventi preventivi. Il consulente (ex-promotore) può sentirsi isolato nell’azione di riconquista del rapporto e non è educato a investire tempo nei rapporti in essere, puntando alla sviluppo di nuovi clienti piuttosto che al mantenimento dello stock. Ho più volte utilizzato l’esempio delle “coccole” per evidenziare il problema: esse sono necessarie e utili quando il cliente ne ha bisogno, non quando chi le offre ne sente il desiderio.
 
Articolo tratto dal numero di aprile di Advisor

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