Dopo che l’industria dell’asset management italiana ha conosciuto e apprezzato le potenzialità e le opportunità offerte dal multimanager, sembra essersi orientata verso una guided-architecture. Qual è la sua visione in merito?

Io parto dal presupposto che quando si parla di guided architecture non si sta parlando di una novità. Nel 2007 una ricerca di Boston Consulting Group metteva in evidenza come l’industria dell’asset management si stesse orientando verso questo modello. Possiamo pensare che il ritardo cronico che l’Italia ha sempre avuto rispetto agli altri paesi europei la porti oggi ad abbracciare tale modello di distribuzione, nel quale il consulente indirizza il cliente verso i prodotti che meglio rispondono alle sue esigenze, potendo comunque scegliere all’interno di una vasta gamma di prodotti di diverse case, 

 

Quindi in realtà questo modello che viene considerato un’evoluzione del multimanager, in effetti non lo sarebbe...

Dal mio punto di vista penso che il multimanager abbia sempre rappresentato una sorta di vetrina per le società di asset management e per i distributori,. La possibilità di presentarsi ai clienti con una vasta gamma di prodotti rappresenta sicuramente un valore aggiunto per gli operatori; ma per poter offrire un servizio di qualità è necessario conoscere a fondo i prodotti offerti, e se la gamma è vastissima non si può pensare che ci sia lo stesso livello di conoscenza approfondita su tutti i prodotti. Pensiamo, ad esempio, alla componente rischio insita nei prodotti. La crisi ha evidenziato come sia fondamentale comprendere la componente  di rischio insito negli strumenti finanziari e la capacità di riconoscerla; con un approccio di guided-architecture possiamo pensare che gli operatori possano approfondire e quindi meglio comprendere tale aspetto.

 

Mi scusi ma la diffusione di un modello distributivo che si ispira alla guided-architecture non rappresenta un passo indietro rispetto all’open architecture? 

Potrebbe dare l’impressione di una minor possibilità di scelta, ma secondo il mio punto di vista non è così. Nell’approccio guided-architecture, si crea un rapporto un po’ più stretto tra i distributori e un numero ampio ma limitato di case produttrici. Questo ha un’implicazione molto importante: permette al distributore di lavorare a stretto contatto con i gestori e quindi approfondire la sua conoscenza dei prodotti e dei rischi associati. Il consulente può offrire pertanto un servizio migliore al cliente finale, in quanto avrà una conoscenza approfondita dei prodotti che suggerisce oltre all’ampia gamma di prodotti.

 

Di quali evoluzione avrebbe dunque bisogno l’industria? 

Abbiamo assistito e continueremo ad assistere a un calo dei margini e della profittabilità di questa industria, tra l’altro in un momento in cui sarebbe necessario investire per offrire un prodotto di maggior qualità ai clienti. Sarà quindi necessario per gli operatori lavorare sulla sostenibilità dei profitti, soprattutto sul fronte dei costi. Ad esempio si potrebbe assistere ad operazioni di M&A finalizzate alla ricerca di economie di scala. Ma non basta: è necessario agire anche dal punto di vista operativo. Ad esempio ripensando a come sono costruiti i prodotti,  cercando di farli rispondere sempre di più alle reali esigenze della clientela e sarà anche importante intervenire sui sistemi di risk management.

 

Articolo tratto dal numero di marzo di ADVISOR