Pianeta consulenza, i consulenti (ex-promotori) fortunatamente esistono
5/28/2012 | Giuseppe G. Santorsola
Il numero degli attivi è in calo, ma crescono i patrimoni pro-capite
Le statistiche da anni evidenziano la migliore capacità dei consulenti finanziari (ex-promotori finanziari) nel mantenere rapporti di clientela e relativi volumi gestiti nelle fasi di negatività e/o volatilità dei mercati. Per contro, gli stessi dati evidenziano il peso dell’intermediazione bancaria su strumenti e servizi finanziari nelle fasi di boom dei relativi mercati. Poiché queste ultime non si verificano dall’inizio del secolo, le quote di mercato si stabilizzano a favore dei pf. Ciò considerando peraltro che il sorpasso si è consolidato in una fase di decelerazione del patrimonio gestito e della raccolta netta. Osservata dal punto di vista delle società prodotto o erogatrici dei servizi, questo contesto reclama lo spostamento delle strategie distributive verso canali più specializzati. Molti piani industriali sono stati rivisitati nel corso di questi mesi per meglio interpretare lo scenario futuro.
La linea di tendenza nella security industry è chiara: gli intermediari di gestione vengono ceduti da alcuni gruppi bancari sia per separare conflitti di interessi, sia riconoscendo la bassa redditività ormai consolidata sia - infine - valutando difficile competere con i gestori internazionali i cui volumi di negoziazione e di gestione sono irraggiungibili. Per contro, questi ultimi, interessati al segmento di raccolta sul mercato italiano hanno riconosciuto la difficoltà nel conseguire i risultati pianificati senza ricorrere ai network distributivi italiani. Ognuno deve sviluppare il proprio business abbandonando le soluzioni integrate, diffusamente tentate nel decennio precedente.
In altri termini, ci dirigiamo verso un mercato con meno SGR e più SIM di collocamento e distribuzione o consulenza. Molte SIM hanno assunto la denominazione di banca pur restando SIM nella logica. In sostanza, queste SIM-banche appaiono dedicate alla gestione e alla consulenza, mentre le banche tradizionali abbandonano o limitano l’impegno nel segmento per specializzarsi nella raccolta e trasmissione di ordini, anche per sottrarsi alle esigenze di verifica dell’adeguatezza richieste dalla direttiva Mifid. Soprattutto le banche locali appaiono più ritrose verso attività di consulenza perché temono di risultare invasive nei confronti della clientela più consolidata che non gradisce l’intrusione informativa su dati sensibili legata alla mappatura dei bisogni e alla individuazione delle situazioni reddituali e patrimoniali.
Le SIM-banche, invece, appaiono dedicate a trasformare la maggior parte dei loro rapporti in contratti di consulenza per conseguire un più stretto governo dei clienti, formalizzando ricavi da consulenza piuttosto che da intermediazione, ricavandone continuità dei flussi e sicurezza nel conseguimento di margini adeguati rispetto al rischio industriale percorso.
In questo disegno si assiste alla diminuzione del numero dei consulenti (ex-promotori) effettivamente operativi e alla crescita delle masse patrimoniali unitarie. Chi rimane sul mercato gode di maggiore tranquillità sul proprio futuro, costruisce ricavi più continuativi e propone una maggiore fedeltà sia a valle (il turnover fra le reti si riduce e soprattutto concerne contratti individuali e non trasferimenti di gruppi e relativi portafogli) sia a monte, sottopesando la ricerca di un numero maggiore di clienti e puntando sulla crescita dei patrimoni gestiti.
Ferma restando l’incertezza sulla corretta e teorica separazione fra consulente e consulente (ex-promotore), questi ultimi scelgono di trasformare la propria attività in quella di consulenza “leggera” (limitata all’insieme dei prodotti, strumenti e servizi per i quali dispone di mandati) abbassando l’enfasi verso il collocamento anche forzato di fattori di moda o di magazzino. Le banche tradizionali rinvengono maggiori difficoltà nel conseguire questo obiettivo anche perché la preparazione dei collaboratori dedicati è ancora imperfetta e perché molte di esse hanno recentemente prescelto modelli organizzativi disegnati per gruppi di clientela (family, retail, affluent e small business) per i quali i collaboratori debbono sviluppare azioni coordinate sia nell’area finanza che in quella credito, con un minor grado di specializzazione per funzioni. Una scommessa importante per tutti in un futuro più certo.
Articolo tratto dal numero di maggio di ADVISOR
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