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1/22/2024 | Redazione Private
Le prospettive per la prima metà del 2024 nel settore del Private Equity e Venture Capital in Italia indicano un rafforzamento dell'ottimismo rispetto ai semestri passati. Nonostante le incertezze che continuano a definire il periodo attuale, gli operatori sembrano essere meno sensibili alle avversità macroeconomiche e geopolitiche. Le previsioni evidenziano impulsi positivi provenienti dai principali trend trasformativi, come gli avanzamenti tecnologici, in particolare l'interesse nell'intelligenza artificiale, e l'attenzione crescente alle tematiche ESG.
Gli incentivi come il PNRR e il Next Generation EU continuano a giocare un ruolo significativo come motore di crescita nel settore. Inoltre, in un contesto di politica monetaria restrittiva, l'ascesa dei fondi di private credit come fonte di finanziamento alternativa per le acquisizioni rappresenta un importante impulso a fronte di una domanda degli investitori non del tutto soddisfatta dal sistema bancario tradizionale.
È questo il quadro generale che emerge dalla quarantatreesima edizione della Private Equity Survey, studio semestrale di Deloitte Private, elaborato con il supporto di AIFI (Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt). Lo studio in particolare registra che, durante il secondo semestre del 2023, il numero di deal effettuati è stato pari a 239, in diminuzione rispetto ai dati record relativi allo stesso periodo del 2022 (281), ma in crescita rispetto ai numeri testimoniati durante la prima parte del 2023 (217). Il controvalore complessivo nel secondo semestre 2023 è pari a circa 13,9 miliardi di Euro, meno dei 55,1 miliardi nello stesso periodo del 2022, ma decisamente superiore ai 2,2 del primo semestre 2023).
Per quanto riguarda le aspettative degli operatori nei confronti della prima metà del 2024, il Deloitte PE Confidence Index 2024 sale leggermente e si attesta su un valore di 107 punti a cui corrisponde un numero di deal atteso pari a 240, a conferma dell’ottimismo ancora stabile sul futuro, con quasi il 75% degli operatori che prevedere un miglioramento o una stabilizzazione del panorama economico italiano nei prossimi sei mesi (contro circa il 70% della passata edizione). Non a caso, 72,4% degli operatori per il primo semestre 2024 prevede uno scenario macroeconomico migliorativo o comunque stabile, la quota più alta registrata nelle ultime quattro edizioni della Survey. Ottimismo confermato anche dal dato sulle aspettative riguardo il numero di operazioni attese per il prossimo semestre, con circa il 50% degli operatori che prevede un numero di deal in linea con quello attuale, mentre il 29,3% degli operatori si aspetta un aumento, porzione più elevata dal primo semestre del 2022.
“È di buon auspicio notare come, nonostante lo scenario internazionale sia incerto, il settore del private equity e venture capital sembra aver trovato il modo di convivere con tale contesto, continuando a rappresentare un’importante leva di crescita e stabilità per il mercato italiano. Infatti, sia il numero delle transazioni conclusesi che il valore medio di esse sono in aumento rispetto al semestre precedente, segnale che i private equity rimangono fiduciosi nella capacità del settore privato italiano di saper cogliere le opportunità di crescita presenti sul mercato” - dichiara Ernesto Lanzillo, Deloitte Private Leader. “Gli operatori, dunque, sorretti da un lato da una minore preoccupazione verso i rischi inflattivi e un maggiore ottimismo riguardo il futuro delle politiche monetarie, e dall’altro lato dalla loro provata abilità di adattamento agli scenari mutevoli di mercato, continueranno a volgere la propria attenzione verso le promettenti realtà industriali italiane, come dimostrato anche dal dato positivo riguardo il numero di deal attesi per il prossimo semestre".
Focus su portfolio management, a scapito delle attività di exit
Nonostante l’indicatore di ottimismo degli operatori sia in linea con quello del semestre passato, per la prima metà del 2024 cresce notevolmente la quota di chi prevede di dedicarsi ad attività di gestione del portafoglio, attestandosi al 36,2%, valore più alto registrato dal 2020 ad oggi. Scende invece significativamente la quota di chi si dedicherà alle attività di exit, dal 9,6% all’1,7%, a comprova del fatto che gli operatori non ritengono ancora il momento attuale come il migliore per cedere i propri investimenti, come confermato anche dai dati che evidenziano le aspettative sui multipli di mercato ancora in calo da parte del 67,3% degli intervistati.
Per quanto riguarda la porzione di operatori che prevede di concentrarsi su attività di scouting, questa si attesta al 46,6%, sostanzialmente in linea con le propensioni registrate durante le ultime quattro edizioni della Survey.
Trend tecnologici e ESG tra i fattori più importanti per le scelte di investimento
In merito alle nuove opportunità, è particolarmente interessante notare come la presenza di strategie ESG nelle target rappresenti un fattore sempre più significativo, come dimostrato dal fatto che il 16,9% degli intervistati considera esso l’elemento più rilevante durante la fase di valutazione di un investimento, in netta crescita rispetto al 12,8% del semestre passato. Questo dato conferma nuovamente che l’attenzione alle considerazioni ambientali, sociali e di governance rappresenti un importante strumento di creazione di valore in grado di restituire agli investitori ritorni sopra alla media, nel medio-lungo termine, e che possa far fronte alle incertezze derivanti dalle situazioni geopolitiche in atto.
Altrettanto importante risulta l’accelerazione dei trend tecnologici, con particolare riferimento ai recenti sviluppi nel campo dell’artificial intelligence, segnalato infatti dal 15,7% degli operatori come fattore digitale più significativo per le decisioni di investimento.
“Gli operatori di private equity prevedono di focalizzarsi sempre di più sulle attività di gestione attiva del portafoglio, che, unitamente alle attività di ricerca di nuove opportunità, rinforzano l’ottimismo rilevato nell’ultimo semestre” - dichiara Ernesto Lanzillo. “A delimitare gli sforzi di ricerca c’è la sempre più marcata attenzione alle metriche ESG, a dimostrazione che tale approccio non solo faccia bene alle dinamiche sociali e ambientali del nostro paese, ma sia anche in grado di tramutarsi in ritorni più elevati per gli investitori.”
Preferenze di investimento nel 2024: Industrial products in calo, cresce l’uso di operazioni di Support to MBO/MBI
Per quanto riguardo l’interesse ai settori per il prossimo semestre, viene registrata una leggera diminuzione da parte degli operatori di Private Equity italiani nei confronti dei settori Industrial products, Food & beverage e ICT i quali registrano aspettative in ribasso in termini di investimenti. Aumenta invece significativamente l’interesse nei confronti di Consumer goods.
Le risposte della survey di Deloitte Private denotano un’importante crescita degli investimenti di minoranza durante il secondo semestre del 2023, essendosi attestati al 19,0% contro i 13,5% del semestre precedente. Tale tendenza non è prevista perdurare, in quanto le operazioni di maggioranza sono previste risalire all’84,5% durante il primo semestre del 2024.
Cresce significativamente l’interesse per le operazioni di Support to MBO/MBI, che sale al 24,1% delle preferenze contro il 15,4% dello scorso semestre. Si riduce, di conseguenza, l’interesse verso le altre operazioni, quali, in particolare, LBO/Replacement (da 48,1% a 43,1%) e Expansion Capital (da 25,0% a 22,4%).
Infine, per quanto concerne la geografia degli investimenti, si nota un ritorno ad una maggiore preferenza verso investimenti nel Nord Italia da parte degli investitori, salendo all’86,2% contro l’82,5% del semestre passato. Il Centro Italia scende dall’11,5% al 5,2%, mentre il Sud Italia dal 3,8% all’1,7%. L’interesse verso l’estero, invece, cresce notevolmente e si attesta al 6,9%.
Nonostante un costo del debito invariato, diminuisce il livello di leva utilizzato
Il 94,8% degli operatori dichiara di aver utilizzato una leva minore di 4x per le acquisizioni effettuate nel secondo semestre del 2023, in aumento rispetto all’86,5% del semestre precedente. Ciononostante, il costo del debito è rimasto sostanzialmente invariato, come evidenziato da uno spread medio sull’Euribor applicato al senior debt tra 250bp e 450bp nel 75,9% dei casi.
È interessante notare come, a testimonianza di una forte domanda per fonti di finanziamento alternative e a fronte di una diminuzione di debito bancario disponibile, il 20,8% dei rispondenti dichiara che si rivolgerà a fondi di private credit come strumento di acquisition financing. Durante il prossimo semestre, tale fonte di finanziamento sarà seconda solamente alle banche commerciali, scelte dal 72,4% degli operatori.
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