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EIRE, ripartiamo dalla qualità del mercato immobiliare

6/7/2011 | Marcella Persola

Nel convegno inaugurale dell'Expo Italia Real Estate, una parola ha fatto da eco tra tutti gli ospiti intervenuti. Occorre ripartire. Come? Le soluzioni sono molte, prima fra tutte...


 

Gli Stati Generali convocati quest'oggi a EIRE, Expo Italia Real Estate, hanno tracciato una fotografia del mercato immobiliare di oggi, riflettendo sulle specifiche e caratteristiche del mercato italiano e dalle criticità presenti. Il messaggio è chiaro. Bisogna ripartire e anche con celerità. Certo l'aiuto della politica sarebbe necessario, ma non per avere supporti o favoritismi, ma soprattutto per mostrare all'estero un paese trasparente, che non cambia legislazione ogni sei mesi, che non lascia un segmento, quello dei fondi immobiliari, in stand-by per così tanto tempo, circa un anno, per poi cambiare tutto, e forse poi per non cambiare nulla.

 

Il paese ha bisogno dell'immobiliare, della sua industria, della sua creatività come ha dimostrato la ricerca elaborata da Federimmobiliare, che l'immobiliare attiverà nel 2011 il 5,6% dell'economia italiana e quello, correlato dell'edilizia il 9,6% per un totale di 15,2%. Inoltre nel periodo compreso tra il 1995-2009 il valore aggiunto attivato dal solo immobiliare è cresciuto del 43,1% a fronte del 19,8% dell'economia e la produzione attivata è cresciuta del 48,6% contro una crescita del 20,5% dell'intera economia: in questo modo la quota dell'immobiliare sulla produzione totale è passata dal 4,6% del 1995 al 5,7% del 2009. Le previsioni sono che tale valore possa crescere fino al 5,8% nel 2015, mentre in tale anno il valore aggiunto sarà pari al 10,4% del totale. 

 

Inoltre il 57% della ricchezza delle famiglie italiane è in immobili. E tale valore dipende anche dall'esistenza di un'industria immobiliare moderna ed efficiente. Certo senza una fiscalità di supporto e con un'urbanistica frazionata non si riuscirà ad avere degli immobili di qualità. 

 

Secondo Federico Filippo Oriana, vicepresidente di Federimmobiliare "Un nuovo Rinascimento italiano non è impossibile partendo da un immobiliare-edilizio nuovo: turino, comunicazioni, infrastrutture. Naturalmente per questo occorrono innovazioni normative radicali a livello statale, regionale e comunale".  Per Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari, "Cinque anni fa, il peso del comparto immobiliare sul Pil era dell'8%, mentre oggi è sceso al 7,1%, a fronte di un prodotto interno lordo sostanzialmente fermo". "Nella grande crisi precedente, che avvenne tra il 1985 e il 1990, i punti persi sul Pil furono addirittura tre", ha spiegato Breglia "quest'anno dovremmo tornare a pesare per circa il 7,3% e tornare all'8% nel 2015". 

 

Secondo il presidente di Scenari Immobiliari "Mentre in Germania e in Francia sono state approntate leggi ad hoc per sostenere il settore, ad esempio riconoscendo grossi incentivi agli investitori istituzionali che investivano o alleggerendo la fiscalità delle Siiq, da noi la politica e' stata totalmente assente. Servono aiuti, soldi e ragionamenti, non proclami", ha concluso Breglia.

 

Per Massimo Caputi, a.d. di Fimit SGR. "Occorre ricondurre i fondi immobiliari alla loro essenza iniziale di strumenti per il risparmio e non, come e' accaduto negli ultimi tempi, a veicoli costruiti per realizzare imprese di costruzione e sviluppo". "Negli ultimi 5 anni abbiamo assistito a una vera e propria distorsione dei fondi immobiliari", ha spiegato Caputi, aggiungendo che "per questo motivo, alla fine, il legislatore e' intervenuto in modo pesante sul settore". 

 

Se per Manfredi Catella, presidente ed a.d. di Hines Italia SGR "il settore ha bisogno anche di una reputazione diversa" per Aldo Mazzocco, a.d. di Beni Stabili, "bisogna tornare a lavorare come nel dopoguerra". Perché chi crede nell'immobiliare, anche come investitore c'è, e continua a farsi sentire. Un caso su tutti Generali. Giancarlo Scotti, presidente di Generali Gestione Immobiliare Spa "il nostro obiettivo è di crescere in tale segmento. Se oggi il nostro investimento è pari al 6% degli attivi del gruppo, raffrontato con il 9% medio degli altri investitori istituzionali, vediamo che ci sono i margini per continuare ad investirvi". 

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