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Fondi comuni: nel 2010 meglio dei Bot

7/27/2011 | Massimo Morici

Ma nei primi sei mesi del 2011, secondo l'indagine di Mediobanca, la performance è nulla. E negli ultimi cinque anni lo scarto del rendimento con i buoni del Tesoro è negativo per l'1,4%


Nel 2010 i fondi comuni hanno fatto meglio dei Bot: il rendimento medio nello stesso periodo è stato pari al 2,4% contro lo 0,9% di un Bot, con uno scarto dell’1,5%. Ma la performance nei primi sei mesi dell’anno può ritenersi nulla. Non solo. La situazione peggiora, e di molto, sul lungo periodo, dove l’investimento in buoni del Tesoro è risultato in ogni caso più conveniente sia negli ultimi cinque anni (con uno scarto positivo sulla rendita annua del 1,4%) sia negli ultimi dieci (2,2%).


E se consideriamo gli ultimi 27 anni investire in Bot avrebbe reso il 6,6% annuo, in fondi il 5,8%; tanto che un portafoglio con tutti i fondi disponibili dal 1984 al 2010 avrebbe subìto, rispetto ad un impiego annuale in Bot a 12 mesi, una perdita di patrimonio di quasi il 90%. Non lo scorso anno, in cui però la prevalenza dei fondi obbligazionari ha frenato il rendimento medio dei fondi, visto che il rendimento dei fondi azionari è stato del 10%, pari alla metà delle borse internazionali (loro principale mercato di riferimento), ma comunque migliore della performance, negativa del 6,5%, della Borsa italiana.


Insomma, la fotografia scattata dall’indagine annuale di Mediobanca sull’industria dei fondi in Italia  - su un campione di 1003 prodotti di diritto italiano che rappresentano il 94% del mercato dei fondi aperti e il 96% delle altre categorie - non fa certo ben sperare. E forse se ne sono accorti anche gli investitori. Nel 2010 i fondi hanno chiuso in rosso, anche se hanno registrato un modesto utile aggregato (5,5 miliardi di euro su un patrimonio da gestire che ad inizio anno era pari a 238 miliardi), più che dimezzato rispetto all’anno precedente: i riscatti, infatti, a quota 20 miliardi continuano a prevalere sulle sottoscrizioni, a quota 19,6 miliardi.


Un trend che sembra non arrestarsi nei primi sei mesi del 2011, in cui vi è stato un nuovo importante deflusso dai fondi aperti di diritto italiano con riscatti netti pari a 15 miliardi di euro, mentre i fondi roundtrip (promossi all’estero da gestori italiani) hanno segnato un volume di sottoscrizioni nette pari a 2,4 miliardi. Il patrimonio a fine 2010 ha segnato il minimo dal 1998. Un ridimensionamento dell’industria, decima nel contesto internazionale, che si traduce in un’incidenza dei patrimoni gestiti sul Pil pari all’11% contro il 42% nel 1999. In netta controtendenza rispetto all’Europa dove l’incidenza nello stesso periodo è salita dal 48% al 65%.


Ma cosa rende i fondi meno competitivi rispetto ai Bot? In gran parte è dovuto alle modalità di gestione, ma anche i costi che restano alti. Nel 2010 il volume delle commissioni è stato pari a 2,8 miliardi, mentre il costo dei prodotti azionari è risultato in media del 2,5%, di quelli bilanciati dell’1,7% e di quelli obbligazionari dell’1,1%. Quasi il doppio rispetto all’industria americana.

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