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11/8/2017
L’arrivo della MiFID II, il 3 gennaio 2018, si inserisce in un percorso di lungo termine, utile a tutta l’industria del risparmio gestito oltre che alla clientela, e spinge naturalmente verso la trasparenza e lo scambio di maggiori informazioni. Se n’è parlato in una tavola rotonda organizzata all’interno della Morningstar Investment Conference 2017, a Milano. “Mancano poco più di 50 giorni al 3 gennaio 2018, quando la direttiva sarà operativa. Sin dalla nascita Morningstar si è posta come obiettivo principale quello di ridurre l’opacità nel mondo degli investimenti, schierandosi dalla parte degli investitori” ha detto Davide Pelusi, ceo EMEA South Europe di Morningstar. “La MiFID II va esattamente nella direzione da sempre battuta da Morningstar e indicata da due parole: trasparenza e protezione dell’investitore”.
Quanto all’impatto sull’industria, gli operatori hanno espresso non poche perplessità. "Vedo una possibile criticità nell’eccesso di dati, perché un maggior numero di informazioni non porterà automaticamente ad una maggiore consapevolezza, anche a causa di una cultura finanziaria che sta migliorando, ma rimane comunque poco diffusa” ha detto Gianluca La Calce, a.d. e d.g. di Fideuram Investimenti SGR, nel corso della tavola rotonda. “Il servizio di gestione patrimoniale rimarrà una scelta vincente e verrà ulteriormente valorizzato della normativa, in quanto per natura è un servizio trasparente e modulabile, che arricchisca il rapporto fra consulente investitore”.
Sul fronte dell’offerta, Manuela D’Onofrio, direttore investimenti e prodotti di Cordusio SIM, ha detto che la MiFID II “aumenterà la polarizzazione tra prodotti passivi e attivi”, spingendo i flussi verso i primi e costringendo "la gestione attiva a far percepire il proprio valore agli investitori". Un altro punto critico, ha sottolineato D’Onofrio, sarà la disclosure di tutti i costi dei prodotti (anche in valore assoluto) agli investitori finali, prevista a fine 2018 con l’invio della rendicontazione ai clienti. Tuttavia, una maggiore trasparenza sui prodotti “non potrà che far bene all’industria, anche perché negli ultimi anni in Italia si è spinto troppo nel collocamento dei fondi flessibili, che sono prodotti multi asset, spesso collocati in sostituzione di prodotti a basso rischio, quando a basso rischio proprio non sono” ha aggiunto D’Onofrio. Il riferimento è ai fondi flessibili a scadenza che hanno rappresentato uno dei prodotti di successo sul mercato italiano negli anni dei tassi a zero che hanno reso meno appetibili i fondi che investono nel reddito fisso.
“D’altra parte – ha aggiunto D’ Onofrio – è difficile spiegare ai clienti che nell’attuale scenario non c’è alternativa che l’assunzione di rischio” e che l’investimento in prodotti obbligazionari, con il 60% dei titoli governativi dell’Eurozona con tassi negativi, “spesso rappresenta solo un costo per gli investitori”. D'Onofrio e La Calce ne sono abbastanza convinti: la MiFID II potrebbe avvantaggiare le gestioni patrimoniali (come contenitore già predisposto per la consulenza) e la consulenza sull'amministrato. L’avvocato Luca Zitiello, infine, ha ricordato che un altro nodo per chi farà consulenza sarà rappresentato dai costi per la ricerca. "A partire dal prossimo anno - ha spiegato l'avvocato - non sarà più gratuita per gli intermediari che dovranno mettere questi costi direttamente in conto economico, mentre gli asset manager che la forniscono dovranno fatturare questi ricavi separatamente dalle commissioni”.
Intevenendo alla sessione pomeridiana della conferenza, dedicata alla gestione attiva vs passiva, Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm, ha detto "che le gestioni passive non porteranno necessariamente a un’omogeneizzazione dei mercati". "Oggi la varietà dei prodotti passivi è molto più ampia rispetto al passato, quando esistevano solamente strumenti che replicavano la capitalizzazione di mercato. Basti pensare agli smart-beta, agli equally weighted funds, agli SRI” ha aggiunto. “Investitori con diversi profili di rischio continueranno ad avere diverse necessità e questo garantirà sempre una varietà di soluzioni nella composizione dei portafogli. I prodotti passivi sono dei strumenti molto utili, perché permettono anche a investitori retail la costruzione di portafogli diversificati e adatti al loro livello di rischio a costi accessibili. Bisogna poi ricordare che il peso degli strumenti passivi sul totale degli asset globali, seppur in crescita è ancora piuttosto limitato”.
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