Pictet Funds, BCE e FED atteggiamenti troppo contraddittori
3/16/2011 | redazione
Dall'estratto della Nota di Strategia di Pictet Funds del 15 Marzo 2011 i due esperti sottolineano che i due istituti centrali devono coesistere.
Attenzione puntata su la crisi geopolitica in Nord Africa e le tragiche notizie che arrivano dal Giappone. Che tipo di influenze avranno sulle asset allocation dei gestori? Secondo Andrea Delitala - Head of Investment Advisory e Marco Piersimoni - Advisor di Pictet Funds." L’importanza dei dati economici è venuta scemando nel corso delle ultime settimane; le notizie che hanno determinato la direzione delle attività finanziarie sono state quelle relative al terremoto in Giappone, alla crisi libica ed alle prospettive per il Medioriente".
In questo contesto, i dati macroeconomici sono stati comunque di buon tenore ed hanno contribuito a limitare le perdite delle attività rischiose, tipiche nei momenti di crisi geopolitica.
Dall'estratto della Nota di Strategia di Pictet Funds del 15 Marzo 2011 emerge che in Europa, il tema delle ultime settimane è stato certamente quello inflazionistico, a fronte di dati di attività reale discreti: le parole di Trichet lasciano presagire rialzi imminenti dei tassi di riferimento (si veda la parte sui Mercati Obbligazionari). Dagli indicatori anticipatori si intravede la prosecuzione dell’attuale congiuntura positiva con la conferma della forza dell’economia tedesca. Gli eventi più importanti in Cina hanno riguardato la comunicazione del nuovo piano di sviluppo economico, il cui nodo centrale resta quello del ribilanciamento della crescita, con l’obiettivo di difendere i salari in termini reali. Ovviamente la Cina ha tutti i mezzi per mettere in atto politiche fiscali espansive, sia in termini di sostegno ai redditi che di investimenti infrastrutturali nelle aree meno sviluppate.
Sul fronte equity per gli esperti i mercati azionari hanno risentito solo marginalmente della crisi libica, le ultime sedute sono state negative per il terremoto in Giappone. Le azioni solitamente soffrono sia per la revisione delle previsioni di crescita economica, e quindi degli utili, sia per l’aumento dell’avversione al rischio. Il secondo legame, aumento dell’avversione al rischio, ha giocato un ruolo marginale, sensibile solo sulle aree direttamente interessate. I principali mercati hanno invece continuato a salire; è proseguito il trend favorevole ai mercati sviluppati a scapito degli emergenti iniziato sul finire del 2010. Le azioni hanno pertanto dato una dimostrazione di forza notevole in un contesto non semplice.
A livello obbligazionario invece la maggiore novità delle ultime settimane in ambito monetario è certamente l’inaspettato inasprimento dei toni da parte della BCE. La ‘forte vigilanza’ sulla stabilità dei prezzi invocata nel comunicato del 3 marzo è l’espressione con cui la Banca ha storicamente annunciato un imminente rialzo del tasso di riferimento che quindi, salvo intoppi, ad aprile verrà alzato dall’1% all’1,25% e comunque all’1,5% entro fine estate. Per ben tre volte nell’ultimo anno e mezzo la BCE ha dovuto abbandonare la cosiddetta exit strategy ovvero la normalizzazione dei tassi di interesse a breve accompagnata dalla estinzione delle forme straordinarie di erogazione della liquidità. Anche oggi infatti non mancano i fattori di rischio che hanno contribuito a tali rinvii: rinnovate tensioni sul debito sovrano EMU, instabilità nel Nordafrica.
Il conseguente rincaro del petrolio può certamente determinare un’impennata dell’inflazione headline, ma, minaccia soprattutto la crescita nell’attuale congiuntura ancora fragile. Inoltre l’arma della restrizione monetaria è inefficace nel contenere una fiammata d’inflazione importata. Ne consegue che, soppesando i vari elementi in gioco, la normalizzazione dei tassi è probabilmente appropriata se si fa riferimento alla Germania ma molto meno urgente negli altri Paesi EMU, a partire da quelli tuttora in recessione.
Infine un elemento ci colpisce e non da ora: la divergenza della politica della Fed (deflation fighter) con quella della nostra BCE (inflation fighter). La prima prosegue gli acquisti di Treasuries (oltre $300 lordi) con previsione di completare gli $850-900 mld previsti entro giugno e non manca chi invochi e/o preveda una estensione ulteriore del QEII (Quantitative Easing). La BCE ha smesso di acquistare titoli di Stato. Con economie globali e integrate è lecito il sospetto che non possano coesistere, o almeno non senza ripercussioni distorcenti, atteggiamenti così contraddittori da parte dei due principali istituti centrali.
Secondo i due esperti sola una avrà ragione, anche se al momento si sono entrambe legate le mani ognuna nel proprio angolo opposto. Quella che avrà torto rischierà il ‘ritardo’ tecnico e avrà difficoltà a invertire la rotta, o almeno indurrà fasi di incertezza e volatilità.
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