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Consulenti (ex-promotori), la Turchia tornerà a correre nel 2013

1/3/2013 | Roberto Abate

Il paese nel 2012 ha rallentato la crescita (+3%), ma quest'anno tornerà a correre al 5%, spiega Ercan Gruener, head of equity and structured fund Turkey Equity di HSBC


C'è più di una ragione per essere ottimista sull'economia turca. A partire da un aggressivo piano di liberalizzazioni nell'industria, nei trasporti, nelle comunicazioni e nel mercato del credito fatte nell'ultimo decennio, tanto da far raggiungere una crescita media del 5,1% dal 2001. "Nel 2012 l'economia ha rallentato la crescita al 3%, ma per quest'anno dovrebbe otrnare ai ritmi degli anni precedenti con un tasso di crescita del 5%" spiega Ercan Gruener, head of equity and structured fund Turkey Equity di HSBC, un sub - fondo della sicav lussembrughese HSBC Global Investment Funds.

E che scommettere sul mercato turco sia un'ottima scelta lo confermano le performance a due cifre del fondo che ha registrato da gennaio a novembre 2012 una crescita del +66,1% da gennaio a novembre 2012. Sul fronte dell'asset allocation, per il 2013 Gruener consiglia di sovrapesare il settore bancario in seguito alla politica monetaria accomodante della banca centrale turca con tassi di interesse in discesa. iì

Il portafoglio del fondo per il 70% replica il MSCI Turkey Gross Index, mentre per il restante 30% si avvale di un portafoglio modello di 10 titoli, che può essere incrementato fino al 40%. Questa parte attiva del portafoglio è scelta da un comitato che su riunisce ogni venerdì e che monitora circa 100 titoli su un totale di 400 società quotate alla borsa di Istanbul che lo scorso 30 giugno ha raggiunto una capitalizzazione di 500 miliardi di dollari.

Ma quali opportunità offre un paese come la Turchia? E' presto detto, secondo Gruener: il paese, infatti, può contare su un settore bancario fiorente, un deficit annuo del 7% sostenubile con una crescita del 5%, una situazione politica stabile, un mercato del lavoro tra i più avanzati nell'Europa emergente (davanti a Repubblica Ceca e Polonia), un rapporto debito Pil tra i più bassi in Europa (attorno al 40%) e corposi piani di investimenti per infrastrutture che vanno dai gasdotti, a ferrovie, strade e aeroporti.

 

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